Siamo nel 1964-65 e le scuole stavano ormai avviandosi alla fine. Naturalmente noi fratelli avevamo più tempo libero per andarcene in giro o per giocare a pallone. Mio padre tornava a casa puntualmente alle quattro di pomeriggio e, una volta rientrato, non voleva che noi uscissimo prima delle sei. A differenza di me, mio fratello Michele se la dava sempre a gambe prima che arrivasse papà, con grande risentimento di quest'ultimo.
Ma un giorno tornò prima dal lavoro e, ironia della sorte, si piazzò con la sdraio davanti alla porta minacciando:
– Auóje vuóglie pròpia vedé se su cocciasìcche esce!
Chiamava così mio fratello perché era mingherlino e portava i capelli come Little Tony, col classico ciuffo davanti. Mio zio Berardino, invece, lo aveva soprannominato Chichester, in onore del celebre navigatore solitario che veleggiava sugli oceani di mezzo mondo. Fatto sta che dissi a Michele:
– Michè, auóje nen ze esce!
Ma lui era molto più coraggioso di me, per cui quella minaccia gli entrò in un orecchio e gli uscì dall'altro. Andò in bagno, aprì la finestra e fuggì. Tentai di dissuaderlo facendogli capire che nostro padre stavolta si sarebbe arrabbiato parecchio, ma le mie parole non valsero a nulla. Michele aprì la finestra e... vattel'a frèca.
Al risveglio mio padre si rese conto che Michele lo aveva fatto fesso e sentenziò:
– Masséra che vè, r'accìde.
Un po' per rivalsa, un po' per gelosia, borbottai:
– Però non è giusto... lui fa sempre come gli pare e non gli meni mai!
Verso le sette e mezza ecco tornare Michele, a cui andai incontro dicendo:
– Michè masséra so' palàte! È ditte papà ca è mèglie ca nen t'artìre ca sennó t'accìde de botte!
Mio fratello rientrò a casa lo stesso. Papà lo prese per un braccio e con l'altra mano si stava apprestando a tirargli un ceffone. Michele, in preda alla paura, si mise una mano in tasca e trasse un bel gruzzolo di monete da 100 lire: aveva oltre mille lire, e per quei tempi erano una bella sommetta! Rivolto a nostro padre esclamò:
– Papà, uoàrda quanda suólde aje venciùte!
Mi aspettavo che mio padre gli facesse na bella paliàta e quindi domandai:
– Papà, ma n'ì mine?
Ed egli, per tutta risposta:
– Nicò, n'ì pòzze menà pecché è purtàte re suólde alla casa!
Da quel giorno papà fu molto più elastico con tutti noi e cadde il divieto di uscire prima delle sei. Michele, ovviamente, continuò a fare come gli pareva.
Nicola Carnevale