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La scelta del repertorio e le "relazioni con il pubblico"


Francesco Di Nardo

Un punto particolarmente complesso, per non dire una nota stonata, nella quotidianità organistica si concretizza nella scelta dei brani da eseguire.

A differenza del concertista, che compie delle variazioni su un repertorio di base, l'organista liturgico, ad eccezione dei brani canonici delle funzioni, deve rinnovare costantemente l'antologia di esecuzione di volta in volta per non tediare l'uditorio e quindi far calare l'attenzione.

Il giovane allievo o il neofita vengono posseduti da una specie di frenesia: come il "Cecchinen Franz" di sturmtruppiana memoria che «Spara a tutto ciò che si muofe (Diafolo di un diaboliken cecchinen)» o il pugile suonato che scatta e si mette in guardia al suono di ogni campanella, così l'organista alle prime armi suona tutto ciò che potrebbe avere senso all'organo e, se non lo ha, lo sperimenta, fossero anche dei moscerini spiaccicatisi per caso sul foglio a pentagramma, per «vedere l'effetto che fa»...

A questa sorta di concitazione epilettico-organistica si associano anche le stravaganti richieste dei fedeli, degli sposi o di familiari in occasione di celebrazioni, matrimoni o esequie.

Nel nobile e importante tentativo di riportare canto e musica verso il coinvolgimento dell'Assemblea, si sono aperte porte a novità e a direttive spesso fraintese. Già nel passato, la riforma ceciliana aveva eliminato repertori eccessivamente bandistici o derivati dall'opera lirica e riportato anche la composizione degli strumenti a canoni più selettivi chiudendo la stagione degli organi-orchestra. Così si auspicava un ampliamento più vicino ai nostri tempi che molti autori hanno ben operato e fanno tuttora.

Tuttavia, una certa "modernizzazione" selvaggia, in nome di un'apertura ai giovani, ci ha condotto a risultati stravaganti: ricordiamo le Messe beat degli anni '60 e '70 con chitarre elettriche, batterie, campanelli e quant'altro (del tipo GlorialSignoryeyeyeye! o Allelujayeahyeayeah!)...

Ancora, la trasposizione di melodie profane in ambito sacro con un semplice cambio di testo o suonandole con dubbi adattamenti all'organo. Purtroppo in questi casi i giovani non si sono visti arrivare ma molti sono quelli che correvano via facendosi il segno della croce.

Il punto centrale sta nel fatto che la musica liturgica ed il canto dell'Assemblea sono una estensione della preghiera o addirittura una parte della Liturgia della Parola. Estremamente errata la convizione che siano una semplice colonna sonora della funzione: siamo in chiesa e non al cinema.

Ecco allora presentarsi le richieste più fantasiose: sposi che volevano entrare con il sottofondo di "Dragon Ball", o de "La Califfa", comunioni con "C'era una volta il West" o "Summertime", finali alla "Star Wars" o esequie con "Allelujah" di Leonard Cohen.

Il tutto con la benedizione di alcuni celebranti (poco attenti all'importanaza della Liturgia?). Corro a rammentare che in alcune diocesi alcuni brani sono espressamente vietati anche se ormai ritenuti,a torto, di repertorio. Così l'"Ave Maria" di Franz Schubert (per molti Schiuberth) composta per un'amante e solo dopo trasformata in canto da chiesa, la "Marcia nuziale" di Felix Mendelssohn (Madison per i colti), la "Meditazione sul primo preludio del clavicembalo ben temperato” di Charles Gounod ("Ave Maria di Bach" maydaymayday!). La stessa "Aria dalla suite in re maggiore" di Johann Sebastian Bach ("Aria sulla IV corda" di Piero Quark: si salvi chi può) teoricamente potrebbe non essere considerata liturgica.

Una considerazione sull'"Ave Maria" di Bach: è un controsenso in termini, dal momento che Bach era un convinto luterano, operava nella Chiesa riformata e mai avrebbe scritto un inno che fosse esclusivamente cattolico.

Va considerato, inoltre, che la scelta delle musiche va rapportata al periodo dell'anno liturgico e allo strumento di riferimento ed alla tipologia ed epoca di costruzione. Brani moderni mal si adatteranno a strumenti antichi, se non specificamente composti, a causa della dotazione fonica e dell'accordatura. La musica sacra veniva e viene composta facendo sì che note e testo avessero un significato comune, una vera e propria sinergia. Quindi un adattamento di un testo liturgico ad una melodia profana non è consono.

Personalmente sono stato fortunato: ho avuto sempre "committenti" che hanno saputo cogliere le mie indicazioni e sacerdoti molto attenti a questa problematica. Intendiamoci: non sono un fondamentalista. Quando possibile, ho accontentato molte richieste ma inserendole fuori dalla stretta liturgia: nell'accoglienza, durante le firme degli sposi, all'uscita dalla chiesa, negli interludi tra le tante funzioni. Pochissimi quelli che hanno rischiato di volar giù per le scale della cantoria, anche quando la madre d'uno sposo mi definì un «hippie rivoluzionario» dopo aver saputo che avevo sconsigliato una canzonetta profana e moderna su uno strumento del XVIII secolo... e durante il Communio!

La letteratura di questo meraviglioso strumento è sterminata e il web ci consente di conoscere brani idonei di tutte le epoche e per tutte le esigenze, cosa difficilissima prima dell'epoca del computer: un rinforzo all'entusiasmo dello studio e a fare divulgazione ma specialmente a dare un valido sostegno alla spiritualità di chi si avvicina al Sacro.

In ultimo: ascoltandoci suonare fuori funzione, ricordate che non ci stiamo dilettando ma stiamo molto probabilmente studiando e da professionisti. Siamo organisti liturgici e non viceparroci, segretari, sagrestani o chierichetti: vi possiamo illustrare il brano, spiegare cosa significhi dopo, ovviamente, averlo terminato senza inopportune interruzioni, ma difficilmente potremo dirvi dov'è il confessore o chi distribuisce i foglietti della messa. Se poi aggiungerete un "buongiorno" ed un "grazie", inframezzati da un "per favore", ci vedrete anche sorridere...

Pochi fedeli, visitatori, coristi e registranti sono stati maltrattati durante la pluridecennale preparazione di questo scritto.


Francesco Di Nardo

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