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Alla scoperta della Pezzata di Capracotta


Pezzata Capracotta
La Pezzata non ufficiale del 2020 (foto: A. Mendozzi).

La Pezzata di Capracotta è un piatto tipico di questo comune situato in Alto Molise, in provincia di Isernia: una preparazione semplice e gustosa, le cui origini rimandano al rito della transumanza, lo spostamento di greggi e pastori dalle montagne verso le valli sulla costa, e rispecchiano in pieno il detto "fare di necessità, virtù". Ricetta povera, caratterizzata da pochi ingredienti, questo stufato di pecora è preparato ancora oggi e rappresenta la tipicità di un territorio, tanto da far parte dei prodotti PAT molisani, insieme a molte altre eccellenze come salumi e formaggi. Prima di raccontarvi di più sulla Pezzata e di fornirvi la ricetta, abbiamo pensato di aggiungere qualche considerazione sulla transumanza e sull’importanza che essa ha rivestito, nei secoli, nei territori in cui era praticata.

Le attuali regioni di Abruzzo, Molise e Puglia sono legate non solo dalla vicinanza geografica, ma dalla transumanza, una pratica millenaria di cui abbiamo numerose testimonianze storiche (nei testi latini) e archeologiche. Dalle montagne dell'Appennino, dopo l'estate trascorsa sui pascoli di alta quota, i pastori dovevano portare il bestiame a valle, verso terreni più ospitali: le pianure del Tavoliere delle Puglie. Il Tratturo Magno, che collegava L'Aquila a Foggia, è uno dei sentieri, chiamati appunto tratturi, lungo i quali, fino al XIX secolo, avvenivano gli spostamenti delle mandrie. Ve ne ha parlato anche Giovanni Angelucci a proposito del liquore di genziana, ricordate? È proprio quel rito annuale e necessario che Gabriele D'Annunzio ricorda nella poesia "I pastori":


Settembre, andiamo. È tempo di migrare.

E vanno pel tratturo antico al piano

quasi per un erbal fiume silente,

su le vestigia degli antichi padri.


La transumanza serviva a garantire che gli animali sopravvivessero durante l'inverno, poiché nelle zone interne di Abruzzo e Molise il clima era troppo freddo e inospitale, e non ci sarebbe stato cibo a sufficienza. In queste zone, infatti, ci sono alcuni tra i comuni più alti dell'Appennino, come Rocca di Cambio, in provincia de L'Aquila, situato a un'altitudine media di 1.433 m.s.l.m., e Capracotta, in provincia di Isernia, a 1.421. La Puglia, al contrario, aveva pascoli verdi ed erbosi anche nei mesi invernali, perfetti per garantire la sussistenza di bestiami e pastori.

Come abbiamo già ricordato, la Pezzata di Capracotta nasce proprio come piatto dei mandriani preparato durante la transumanza. Le sue origini semplici sono la risposta a un problema pratico: negli spostamenti, infatti, poteva accadere che una capra o una pecora si azzoppasse. L'animale, che non poteva più continuare a camminare, diventava cibo per i pastori, che in questo modo integravano la loro dieta povera fatta di formaggio, pane e preparazioni come il "pappone", un bollito di latte, pane e patate.

La pezzata veniva preparata quindi a partire da carne di capra, pecora o agnello, tagliata in grossi pezzi e bollita in un paiolo di rame posto sul fuoco. Dopo una prima fase di "schiumatura", in cui si eliminava il grasso venuto a galla, si aggiungevano sale ed erbe aromatiche, patate e qualche pomodoro. Soda e molto saporita perché proveniente da bestiame cresciuto nei pascoli di montagna, la carne cuoceva per ore, a seconda dell'età dell'animale. Sull'origine del nome, possiamo dire che secondo alcuni deriva dal fatto che il paiolo veniva coperto con una pezza di stoffa, mentre per altri "pezzata" sembrerebbe dovuto al fatto che la capra o la pecora fossero, appunto, depezzate (ovvero, tagliate a pezzi) prima della cottura (con un utilizzo leggermente improprio di questo verbo).

Nel corso del tempo, la pezzata è diventata un piatto a base di ovino, anche oggi molto apprezzato non solo dagli abitanti della zona di Capracotta, ma anche dai tanti turisti che ogni anno visitano il paese proprio per partecipare alla Sagra della Pezzata, che si tiene la prima domenica di agosto in località Prato Gentile. Durante questo evento tradizionale, istituito dall'amministrazione comunale all'inizio degli anni '60 (l'edizione 2020 è stata cancellata a causa dell'emergenza Covid-19 e si è svolta solo in forma simbolica), vengono serviti agnello alla brace, pasta e lenticchie, caciocavalli e altri prodotti tipici, ma soprattutto la pecora bollita, il "piatto forte" della manifestazione. Pensate che nel 2019 sono arrivati anche i ragazzi di Casa Surace, per godere dell'ospitalità e del cibo altomolisano!


Erica Di Cillo

 

Fonte: https://www.ilgiornaledelcibo.it/, 18 settembre 2020.

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