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Settembre: andiamo alla Madonna...


Madonna di Loreto

Ripercorrendo i passi della mia esperienza di prete che vive gomito a gomito col popolo nella comunità parrocchiale, tra i tanti problemi pastorali, ho affrontato il tema: "Come vivere la fede in una dimensione di popolo".

La partecipazione e la condivisione di vita con la gente e per la gente, mi ha indicato una strada per una analisi delle espressioni della religiosità popolare: cogliere, cioè, non la semplice religiosità, ma la fede del popolo. Mi sono accostato con umiltà ad un principio perenne: il sensus populi è anche sensus fidei.

La fede popolare è anche istituzionale, è nell'alveo della Chiesa. Gli insegnamenti del Vangelo sono innervati nella vita quotidiana e nella sapienza di un popolo. Condividere, per capire, con la fatica di cercare e contemplare le fede nella vita del popolo, è compito pastorale arduo e da approfondire continuamente.

L'anima di un popolo affiora nelle espressioni e nelle manifestazioni della devozione popolare. La religiosità popolare è l'espressione di una dimensione profonda dell'uomo, nella sua autenticità, traduce sempre una vera "fame" del sacro e del divino. Non è inferiore o subalterna alle forme religiose ritenute più raffinate: si correrebbe il rischio - afferma Giovanni Paolo II - che paesi e villaggi diventino «deserto senza storia, senza religione, senza linguaggio e senza identità, con conseguenze gravissime». È una forma eminente di inculturazione di una fede creduta e vissuta: rispecchia e rivela i tratti caratteristici delle varie genti. È anche espressione di una cultura e generatrice di un ethos popolare. Traduce una dimensione "comunitaria", fondata sull'appartenenza ad un mondo comune e rende possibile la comunicazione. Ha stretto legame col mondo contadino e, per Capracotta nel passato, col mondo dei pastori, dei carbonai e degli artigiani. Costituisce anche oggi una ricchezza per molti versi esemplare.

Anche la "festa" manifesta la dimensione popolare della religione e l'identità di una comunità radicata in un luogo e in una storia. È momento concreto di affermazione - sia pur parziale - di una società non frammentata: esprime convivialità, gioia, gusto di ritrovarsi e stare insieme. Da un punto di vista teologico-pastorale si può dire che i fedeli prendono coscienza di essere popolo, quando il loro aggregarsi esprime la solidarietà e la vicinanza tra credenti di una cultura e un territorio.

Nelle festività di settembre in onore di S. Maria di Loreto, scandite in tre giorni (7, 8 e 9), trovo attuate le indicazioni e il significato della religiosità popolare di impronta squisitamente mariana. In una società globalizzata e segnata da un relativismo etico-religioso, il "convenire" dalle varie parti d'Italia e del mondo verso la terra delle proprie origini, perché... "esce la Madonna"... riempie il cuore di gioia e di speranza di ogni capracottese, impregna la vita di profonda e sofferta spiritualità. Le radici storiche risiedono nella particolare configurazione della montagna e nella rete di comunicazione dei tratturi attraverso cui i pastori conducevano ogni anno le greggi dai pascoli invernali della Puglia agli alpeggi estivi del Molise alto e di Capracotta. La religiosità popolare, mai venuta meno nel corso dei secoli, ha sempre messo al centro la devozione alla Madonna. Il Santuario di S. Maria di Loreto, segno dell'irrompere di Dio nella storia umana, costituiva una pausa di ristoro (fisico e spirituale), meta e traguardo del pellegrinare della vita, oasi dello spirito per un clima favorevole per le proprie esperienze di fede. La Madonna dell'Incoronata di Foggia innalzava il suo "arco" con la Madonna di Loreto per accogliere i voti, le preghiere, le gioie, le sofferenze e... tante parole espresse con i sospiri dell'attesa e del ritorno. "O Madonna de Lurìte, accumpàgname Tu" era ed è ancora l'invocazione di ogni capracottese che passa dinanzi a quella chiesetta, scoprendosi il capo e segnandosi con il segno della croce. Un paese che non ha radici o, se le ha, le recide crudamente è destinato al fallimento e alla morte. La cultura contadina e artigianale è rimasta psicologicamente presente nella nostra gente apportando quell'etica delle cose pensate, soppesate, valutate criticamente: dentro c'è l'equilibrio delle stagioni, del buon senso, della morale evangelica, di una "sentita e vissuta" devozione alla Madonna di Loreto. Oggi sembra una cultura superata, nel segno della speranza e delle aspirazioni più alte di ogni capracottese, superata, non vinta, perché ben orientata è sempre ricca di valori. Manifesta una sete di Dio, che solo i semplici e i "poveri di spirito" conoscono; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all'eroismo, di inventiva e di creatività in ogni angolo della terra dove è approdato un figlio di questa montagna arida ma ricca di talenti. Genera atteggiamenti interiori, raramente osservati allo stesso grado: pazienza, sacrificio, senso della croce, distacco, apertura agli altri, devozione. Il passato non può essere sommerso dalle distrazioni del presente. Il nostro paese, Capracotta, è un paese "dell'anima", perché ha sempre messo al centro la Madonna, la Madre di Dio e Madre nostra, venerata nel bel Santuario all'ingresso del paese. Non si passa mai per caso, ma si è sempre pellegrini verso qualcosa di grande e di sublime, capace di rimettere in moto la volontà di cambiare il senso della propria vita e il suo impatto col tempo e con la storia.

«Gli antichi abitanti – afferma Luigi Campanelli – sentirono quasi un bisogno spirituale di consacrare quel luogo a convenirvi devotamente per invocare aiuto nella partenza e rendere grazie al ritorno. Al fervore religioso si aggiunse una gara di generosità tale da garantire alla Chiesetta un "patrimonio vistoso", per assicurare, "in prosieguo della pastorizia", i frutti di una crescente prosperità». Il popolo capracottese, attraverso il tempo, si fa destinatario e protagonista di questo "fenomeno religioso" che si riempie di attesa quotidiana nell'arco di un triennio, e poi diventa esplosione incontenibile, commossa, sentita, partecipata come un fatto di famiglia. Il tessuto vivo di gente riunita da ogni parte del mondo intorno ad una Immagine che percorre le vie del paese, in un clima di devozione filiale, sottolinea il fenomeno dell'aggregante concordia di popolo, che è la "paesanità", che sorpassa il folklore del rapido passaggio dei cavalli, unico flebile retaggio di una tradizione passata segnata da tante fatiche e da tante rinunce.

Il Monumento all'Emigrante, finanziato e realizzato dai capracottesi sparsi nel mondo con la solerte guida di Giuseppe Paglione, posto sotto lo sguardo benedicente della Madonnina, è il segno di una presenza continua e vigile di tanti "figli" di questa terra, interpreti dell’antico popolo sannita, ricco di passioni e nutrito di tanta forza morale, sostenuta e irrobustita da un vivo senso della religione. Un cantautore siciliano, Armando Bonfiglio, che ha sposato a Leamington in Canada una figlia di Angeluccio Paglione, affascinato dalla festa dell'otto settembre ha scritto una struggente canzone dal titolo "Festa a Capracotta". Il ritornello mette in risalto il miracolo della festa del "convenire nella convivialità":


Questa è la festa della Madonna,

metti il vestito, aggiusta la gonna.

Sono venuti da tutto il mondo

per celebrare questo evento.

Tutti insieme ci incamminiamo

a passo quieto per la Madonna

di Loreto... Madonna sei troppo

importante, hai riunito tutti

quanti... Sono felice e molto lieto

per la Madonna di Loreto!


Anch'io negli anni giovanili ho avvertito fortemente il fascino religioso della devozione alla Madonna. All'ombra di quel Santuario è sbocciata la vocazione al sacerdozio di mio fratello e mia. Leggendo nel volto dei miei paesani i sentimenti e le emozioni del ritorno e il distacco struggente della partenza, ho interpretato in dialetto capracottese la gioia della festa e il dolore della lontananza.

Due forti emozioni si intrecciano e si completano sotto lo sguardo materno di Maria, nel segno della fede e della condivisione: la gioia dell'arrivo, il dolore della partenza. Il naturale e il soprannaturale non sono piani sovrapposti, ma fili intrecciati nell'unico ordito della vita. La vicinanza a Dio, alla Madonna, ai santi non si misura a metri, ma a battiti di cuore!


Osman Antonio Di Lorenzo

 

Fonte: O. A. di Lorenzo, Settembre: "Andiamo alla Madonna"..., in «Voria», II:4, Capracotta, settembre 2008.

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