L'utilizzo dei social network, Facebook e Twitter in particolare, rappresenta, spesso, un'arma a doppio taglio per il comune cittadino, magari non consapevole del tutto, nel momento in cui scrive e posta un proprio pensiero, che i suoi lettori potenziali non hanno limiti territoriali, se non l'estensione planetaria. Ancora maggiore accortezza dovrebbe possedere chi opera all'interno delle istituzioni, soprattutto se trattasi di un amministratore democraticamente eletto dai cittadini, i quali si aspettano di esserne degnamente rappresentati.
All'indomani di quasi tutte le elezioni amministrative, la più scontata e classica delle frasi che il primo cittadino, neo eletto, proclama in pubblico è: "Sarò il sindaco di tutti". In realtà è un'affermazione inutile, perché non si tratta di una scelta, davvero dovrà rappresentare il suo paese o la sua città senza fare distinzioni di sorta fra chi lo aveva sostenuto e votato e chi no.
Candido Paglione, primo cittadino del comune di Capracotta, in provincia di Isernia, si è apparentemente dimenticato di applicare quest'ovvio principio, postando sulla sua pagina Facebook, lo scorso lunedì 26 marzo, un personale pensiero, che ha spaccato in due la sua comunità e quella del web. In realtà più la seconda, giacché la prima l'ha in maggioranza difeso a spada tratta... ma veniamo ai fatti. Il piccolo comune molisano (meno di mille abitanti), evidentemente fiero del suo antico retaggio, fa della pastorizia una delle attività economiche di maggior impatto a livello sociale. Visto l'appropinquarsi della Pasqua imminente, il solerte Paglione, per la cronaca anche veterinario (!) e, a detta di alcuni suoi amici che hanno commentato il post, di estrazione politica "sinistra", quindi come minimo ambientalista, ha pensato bene di inserire nella sua pagina, la foto di alcune pecore che brucano l'erba, con l'inquietante sovrascritta: "A Pasqua salva un pastore... mangia un agnello!".
È stato davvero inevitabile suscitare l'ira degli animalisti, dei vegani e di chi conosce molto bene le crudeltà cui bisogna sottoporre sia i cuccioli, sia le loro madri, alle quali sono sottratti, per accontentare le fameliche tavolate "umane", durante le festività.
Si rendono necessarie diverse precisazioni, nel merito. Chiaro che, come abbiamo già sopra evidenziato, immaginiamo siano davvero tante le famiglie di quel paese che lavorano e vivono grazie all'allevamento ovino. Da qui l'istinto di conservazione, in un periodo di forte crisi economica, può apparentemente trovare una sorta di giustificazione negli osanna mediatici che tanti concittadini del Candido (di nome...) Paglione, hanno immediatamente profuso in suo favore. Detto ciò, resta che un sindaco, dietro la scrivania della sua stanza municipale, oltre alla bandiera con lo stemma del paese, mostra con doveroso orgoglio, anche quelle dell'Italia e dell'Europa, infine, appesa alla parete, la foto del Presidente della Repubblica. In sintesi, egli rappresenta le istituzioni continentali all'interno del Paese che l'ha democraticamente eletto. Ciò non gli dovrebbe consentire, nelle vesti di cui sopra, simili prese di posizione, che, in maniera alquanto becera, vanno a offendere la sensibilità degli animi di coloro la pensino diversamente, per quanto in probabile minoranza.
Non tragga, altresì, in inganno, l'analisi letteraria del nome "Capracotta", che potrebbe portare a giustificare, in parte, questa contestata forma di pubblicità indiretta. Il primo cittadino dovrebbe ben conoscere, almeno si suppone, le origini, le leggende e la storia del paese che è stato chiamato a rappresentare. Per quanto, come spesso accade in Italia, siano controverse e discusse, mai del tutto certe, in questo caso sono, invece, alquanto probabili. La combinazione di due antichi termini italici, kapp, che significa "luogo alto", e kott, "luogo roccioso", ne spiega, tutto sommato facilmente, le radici etimologiche. In realtà esiste anche una seconda, meno attendibile, ma non impossibile da scartare, origine del toponimo. Una leggenda, ben descritta con un esplicito dipinto proprio sullo stemma del paese, narra che degli zingari decisero di accamparsi in quei luoghi, accesero un fuoco per cucinare una capra, ma quest'ultima riuscì a fuggire saltando sopra i ceppi ardenti. Anche da questa sorta di mito si può facilmente trarre la morale che la povera bestia non avesse intenzione alcuna di farsi cibo per gli umani, quindi le loro stesse origini dovrebbero insegnare qualcosa al sindaco e ai suoi concittadini carnivori.
Sappiamo bene quanto all'interno delle istituzioni, troppo spesso l'ipocrisia regni sovrana. Basti pensare al rilevante gettito economico che le vendite dei prodotti del tabacco, rivestono per il Paese, grazie al Monopolio delle stesse. Non sarebbero, però, ammissibili, spot pubblicitari per favorirne l'acquisto, al contrario vietati, mentre, in maniera, lo ripetiamo, assolutamente ipocrita, sono spesso trasmesse delle "pubblicità progresso" che ne spiegano i pericoli per la salute. È da ritenersi, pertanto, esecrabile l'utilizzo strumentale che il sindaco di Capracotta ha fatto della sua pagina Facebook, a prescindere da come la si pensi nel merito delle scelte personali in fatto di alimentazione. Nella più totale libertà, dono inestimabile che abbiamo ricevuto in eredità dai tanti patrioti, che hanno combattuto e sconfitto il nazifascismo, ognuno è libero di nutrirsi come meglio ritiene opportuno, ma tale libertà non deve ledere le sensibilità delle minoranze, le quali dovrebbero essere maggiormente protette, perché tali, da chi le rappresenta, nel rispetto della Costituzione e delle leggi che ne derivano.
Fabio Rosica
Fonte: https://www.notizienazionali.it/, 28 marzo 2018.