«Esce la Madonna» è la frase più ripetuta, il desiderio più atteso e il grido di entusiasmo di tutti i capracottesi, vicini e lontani, di fare festa in onore della Madonna. «Nessuno rinuncerebbe a questa singolare pausa di ristoro fisico e spirituale, meta e traguardo del peregrinare della vita. Il nostro è un paese dell'anima perché ha sempre "messo al centro" la Madonna, la Madre di Dio e Madre nostra».
Così scrivevo negli anni passati sul periodico "Voria". La Madonna è la madre di Gesù, Giovanni apostolo simbolizza tutti noi, è esempio della Chiesa universale sparsa nel mondo. La Vergine Maria diventa anche la mamma nostra, «segno di consolazione e di sicura speranza». Possiamo chiamarla Mamma senza paura, pensarla nostra contemporanea, Donna dei nostri giorni, come efficacemente la definisce don Tonino Bello. Introdurla nei nostri pensieri e disegni, farla diventare coinquilina di casa nostra, la persona con cui confidare sentimenti e progetti di vita, rende il nostro rapporto santo, libero, gioioso, forte. Quando c'è Lei, è chiaro che tutto lo consulti con il Figlio Gesù. «"Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli?", "Chi compie la volontà di Dio. Costui è fratello, sorella e madre», fu la risposta di Gesù. C'è anche una beatitudine personale efficace: "più beato" chi compie la volontà di Dio praticandola fino in fondo.
Siamo al centro della nostra vita cristiana e della nostra vita interiore. Il Signore non è fedele ai nostri desideri. È fedele alle sue promesse. Le sue promesse su di noi sono il compimento della sua volontà fino in fondo. La sua è una volontà buona, di bene, di felicità, anche se fa attraversare un tunnel scuro e buio, che è la prova della sofferenza. Il Calvario e la Croce sono lo scrigno nel quale si concentra tutto l'amore di Dio. Anche noi, accettando la nostra croce, rendiamo più pura l’umanità, più buono il mondo.
Sul Calvario splende la fede e l'esempio della Madonna, rimane l'ultimo sospiro, l'unica fiaccola a illuminare la terra. È simbolo anche del nostro piccolo calvario, che si racchiude nel perimetro delle pareti domestiche, dentro le nostre case, nel lavoro quotidiano, diventa il luogo della fede, della fiducia e del nostro abbandono in Dio.
La Madonna di Loreto è la Mamma che segue i nostri passi con uno slancio di abbandono, di aiuto, di speranza e di consolazione. Un abbandono! Così deve essere la nostra vita.
Le festività liturgiche dell'ozzetiémbre, che preparano spiritualmente l'atteso evento religioso e civile, sono consolidate e vivificate dalla tradizione e dalla pietà popolare. Nell'arco di tempo che intercorre dalle origini ai nostri giorni, la "memoria storica" registra momenti di intensa partecipazione di popolo nei tre giorni. Religiosità e folklore, fede viva e fede popolare, devozione e vita, si compenetrano in pieno accordo, e concorrono a dare alla festa un significato profondo ed una valenza religiosa sentita e partecipata. È il popolo di Capracotta che si fa destinatario e protagonista di un evento religioso che si riempie di attesa, dopo sei anni per interruzione del covid, e diventa esplosione di speranza e di intensa partecipazione nei tre giorni della festa. È un fervore di entusiasmo e di fede che passa, come fiaccola ardente, di padre in figlio, di generazione in generazione e accende gli animi e i cuori alla gioia e alla serenità.
Valori umani, antropologici, sociali, religiosi e sacri si combinano e si consolidano in armoniosa sintesi. Il clima che si respira e si vive sorpassa ogni tentazione di ostentato folklore o di vuoto intimismo, e crea un'atmosfera di "aggregante concordia" di popolo. Le processioni del 7-8-9 settembre sono il segno concreto di una partecipazione personale, sentita e vissuta. «Esce la Madonna», «Tutti per uno, uno per tutti», non sono semplici slogans, ma traduzione di "convivialità comunitaria", di emozioni e sentimenti condivisi. Solidarietà, gioia di ritrovarsi, incontro di volti, incroci di sguardi, contatti di cuori, fede e amore, sono le parole che tutti ripetono nella ritualità della festa. È il miracolo della religiosità popolare che nessuno riesce a rimuovere o scardinare dal cuore del capracottese. Nemmeno il calo evidente della fede oggi, «la secolarizzazione e la globalizzazione dell'indifferenza», registrate nella nostra società post-moderna e imperante nella cultura contemporanea, riescono ad annullare una tradizione cementata e trasmessa nel corso delle generazioni. Pur in terre lontane ogni figlio di queste balze montane porta impresso nell'anima e nel cuore la dolce figura della Madonna, che inarca il suo manto di Grazia e lo copre della sua materna benedizione. Ognuno sembra ripetere con gioia: «Luntàne me ne vàje, luntàne assàje, de te, Madonna, nen me scòrde màje».
Il pensiero corre inevitabilmente ai genitori e ai nonni che, sui cavalli bardati a festa "si inchinano" dinanzi alla Vergine Maria per associare alla sacralità del gesto formale dei cavalli, la loro devozione filiale. I genitori e i nonni sono linfa vitale di nuova alleanza, perché hanno alle spalle esperienza di vita e di fede, che irrora i germogli delle nuove generazioni. L'otto settembre è un appuntamento e un richiamo irresistibile per tutti.
Insieme all'immagine della Madonna di Loreto, un'altra immagine viene collegata: la mamma, che ci ha partoriti alla vita. Maria, "donna dei nostri giorni", è quasi surrealmente trasfusa e mimata nelle mamme del nostro lessico familiare. Contemporanea, vicina, compagna, capracottese puro sangue. Creatura pienamente vissuta nel tempo, nel frantume dei giorni, nel destino pregnante della sua bellezza e del suo totale donarsi sempre. È un parlare alto che diventa un dire quotidiano, in confidenziale abbandono, chiamandole tutte per nome: Marietta, Ertiglia, Cietta, Rosa, Carolina... con le virtù proprie delle nostre mamme, pienamente radicate nel tempo, con la femminilità e la trasparenza della Madonna, con una vita comune a tutti, carica di sollecitudini familiari e di lavoro. In una semplice e toccante poesia sulla mamma scritta da Salvatore Di Giacomo, Totò recita:
Chi tene 'a mamma
è ricche e nun 'o sape; chi tene 'o bbene è felice e nun ll'apprezza.
Pecché ll'ammore 'e mamma è 'na ricchezza, è comme 'o mare ca nun fernesce maje.
Pure ll'omme cchiù triste e malamente
è ancora bbuon si vò bbene 'a mamma.
Un ultimo richiamo a Capracotta, il paese montano che celebra e festeggia solennemente la Madonna di Loreto. Capracotta è «paese dell'anima, patrimonio del cuore, luogo delle relazioni più profonde e significative». Conoscere un dove, da chi, un qui, significa conoscere il luogo geografico, il tessuto sociale e umano, il punto di partenza dove sono sbocciate le nostre vite. Capracotta, «perla di stupenda fattura, gettata un giorno dalle mani del Creatore in quel forziere di bellezze inedite che è il Molise», afferma don Michelino Di Lorenzo, sacerdote poeta e scrittore, innammorato di Capracotta.
Si vive anche "nel posto in cui si è nati", nel luogo in cui la natura e la religione hanno impastato e plasmato la nostra storia. Capracotta ci appartiene, ci ha dato l'imprinting, è madre, lingua, musica, odore, caldo, freddo, neve. La libertà è nell'anima, non fuori di noi, ma dentro di noi. E la fede non è solo dono di Dio, pensiero e fervore, ma anche impegno, sentimento e azione. Guardando le stelle si scopre "una che non vuol tramontare", quella che non si spegne nel sole. La fede di un credente si trasmette attraverso la sua forza attrattiva e irradiante che si sprigiona dalla congruenza tra pensieri, sentimenti, parole e azioni, non con la semplice scorza della superficialità e dell'apparenza. Camminare "nel segno della festa" tra le persone, ascoltare ciascuno nella sua unicità, significa trasmettere un messaggio per farci sentire vivi e presenti, e creare relazioni profonde e durature: la Madonna di Loreto è stimolo, esempio e rifugio.
Un ultimo riferimento che ha un valore di fondo totalizzante, che gioca il fenomeno dell'aggregante concordia di popolo è la paesanità. «Il tessuto vivo di gente, riunita da ogni parte del mondo intorno ad una immagine che percorre le vie del paese, che vede "uscire la Madonna", si muove nella linea delle radici della propria cultura», scriveva don Geremia Carugno nel 1993. Il clima di devozione filiale, che si respira in questi luoghi nelle feste di settembre, sorpassa e coinvolge il folklore del rapido passaggio dei cavalli, unico retaggio di una tradizione di fatica e di sudore di un tempo passato.
Questi semplici pensieri sono umili fiori di campo, che conservano intatto il profumo del passato e trasmettono il sapore e la freschezza della vita che scorre. Nascono dal cuore, parlano al cuore nel loro armonico intreccio di storia, di tradizione, di fede, di cultura e di realtà. Lo scorrere del tempo impone un ritorno al passato, con la struggente forza della memoria. Riconosce luoghi, persone, feste e fatti, e li riconsegna in una nuova luce e una nuova armonia di tempi. In una società che inaridisce le sorgenti del nostro essere, possano far crescere l'anima, strapparla dalla tirannia dell’avere, dell'autoreferenzialità e della dimenticanza, e inserirla nella liberante dimensione dell'essere, del gratuito e della fede.
In un canto composto negli anni giovanili scrivevo:
Vurrìa dà le scénne a ŝti pensiére,
vurrìa fa vulà ŝte ddù paròle
pe r'arrivià paisieàne e furaŝtiére
e purtà a tùtte la serenità.
Vola canzóna méja, vola luntàne,
gira tutte re mùnne, gira e canta,
varr'artruvà ŝti fìglie affatecàte
de chéŝta tèrra santa e furtunàte.
Porta la pace, tu, porta l'ammóre
de Capracotta ch'è na mamma d'òre.
Nella Madonna di Loreto, nella mamma terrena, nel paese natio, non c'è nulla di scontato e declamatorio, tutto può diventare preghiera, canto e poesia. «È bello per noi essere qui»: affermarono gli apostoli sul monte Tabor. Qui ci sentiamo a casa, qui è la nostra identità. Non c'è fede viva che non discenda da uno stupore, da un "che bello", gridato come Pietro. Un cuore che ascolta è il luogo dove la solitudine cede all'incontro. Facciamoci accompagnare da queste tre immagini lungo i tornanti della nostra povera vita, in un digiuno che sia, soprattutto, di parole. Evitare di dire parole scontate, a volte doverose altre volte noiose, e annunciare: Dio è bello, attraente, luminoso, solare e... la Madonna, nostra Madre e Patrona, è "stella del mattino", «termine fisso di eterno consiglio, è di speranza fontana vivace» per tutti.
Osman Antonio Di Lorenzo