Dopo un'invernata agrodolce, ecco approssimarsi in sordina la "stagione", e con essa si fa sempre più pressante il desiderio di andar per i campi, alla ricerca di ciò che la natura ci offre. Molti dei nostri concittadini-cercatori amano percorrere il territorio capracottese non solo per raccogliere erbe spontanee commestibili ma, soprattutto, per scoprire gli spenaruóle.
In realtà questo prelibato fungo, dal nome scientifico Calocybe gambosa, in alcune parti d'Italia è conosciuto anche come fungo di San Giorgio.
La tradizione locale lo vede come il protagonista assoluto della cucina primaverile: diventa l'ingrediente base per insaporire tagliatelle e risotti e trionfa quando si unisce alle uova in una "slurpeggiante" frittata.
Crescono tra l'erba, spesso alla base dei rovi e, nel cercarli, le dita sono vittime delle spine: da questo il nome di spenaruóle. Grande è l'emozione quando avverti sotto le dita l'inconfondibile sensazione di aver tastato il pregiato fungo.
La spenaròla viene "pettinata" da cima a fondo, racimolando tutti i funghi, così come vuole il detto nostrano: "re spenaruóle: cuógliere andó re truóve".
Durante questo periodo i nostri anziani che vivevano in campagna raccontano che erano soliti abbandonare i fornelli per pochi minuti, giusto il tempo per raccogliere facilmente una manciata di spenaruóle nei dintorni della masseria e tornare alla cucina, appena in tempo per impreziosire con quel raro aroma la pietanza che stavano preparando.
Uno dei modi per gustarli sbrigativamente e con la pasta è il seguente: lasciate trifolare i funghi spezzettati in padella, mentre a parte lessate i fusilli. Giunta a cottura la pasta, scolatela e mantecatela con i funghi, aggiungendovi in base alla quantità uno o due uova sbattute. Quest'ultima operazione va eseguita rigorosamente a fuoco spento. Aggiungete del formaggio, un po' di prezzemolo spezzettato con le mani e servite immediatamente.
Certamente non è il caso di tirarsi indietro di fronte ad una invitante frittata con gli spenaruóle, all'insegna del detto "nen te mòve alla frettieàta e nen córre alla gredieàta"!
Ma non bisogna mai esagerare con i funghi, la prudenza non è mai troppa, specialmente se non si è buoni conoscitori, anche perché il terzo proverbio capracottese recita: "chi mòre de fugne, maleditte a chi re chieàgne!".
A buon intenditor...
Pasquale Paglione
Fonte: P. Paglione, Spenaruóle: ricetta, fatti, aneddoti e… curiosità!, in «Voria», II:3, Capracotta, giugno 2008.