Storia dell'organo (I)
- Letteratura Capracottese
- 28 feb
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Dagli albori al XIV secolo e qualche appunto di organaria
Ormai penso sia acclarato che traggo un gran divertimento nel fare un po' di divulgazione su tutto ciò che circonda il mondo dell'organo, strumento ancora poco conosciuto anche in ambienti musicali e, molto spesso, ritenuto a torto noioso. Gli specialisti del settore mi perdoneranno le eccessive e banali semplificazioni: è solo il divertissement di un appassionato organista liturgico e perfino di provincia, ma credo che talvolta si debba uscire dalle torri di avorio, in cui lo studio specifico ed approfondito involontariamente rinchiude, per avvicinarsi al sentire comune. Penso che Conoscenza sia sterile senza Condivisione. Questo vale specialmente per l'organo, strumento musicale concepito fin dalle origini per avvicinarsi a più persone riunite e poi sfruttato nell'esaltare e completare le celebrazioni dedicate allo Spirito: pertanto un patrimonio di tutti. Non di rado, durante le ore che dedico allo studio in Cattedrale, molte visitatori o fedeli si fermano ad ascoltare chiedendo poi informazioni sui brani, sul loro significato, la contestualizzazione, e descrizioni circa lo strumento. Frequentemente rapiti dallo schiudersi di un mondo per molti del tutto sconosciuto, auspicano la realizzazione di stagioni concertistiche più interattive per una migliore godibilità dei brani presentati: una mano alzata per fare domande può far miracoli. Semplicemente, allora, tutto questo diventa un gettare dei piccoli semi di "ignoranza" che facciano germogliare la pianta della «Curiosità che a sua volta è madre della Scienza» (G. B. Vico). Le attuali possibilità del web consentono poi ad esecutori e ascoltatori ricerche che un tempo erano impensabili: chi vuole può facilmente alimentare la propria voglia di Sapere che di sicuro partorirà la Meraviglia. Personalmente, cosa che mi è accaduta anche cercando ulteriori fonti di studio per stendere queste banali righe, continuo a meravigliarmi...
Non abbiamo la più pallida idea del momento in cui, nel corso della Storia, un essere umano scoprì che un flusso laminare di aria portato a scontrarsi trasversalmente con una struttura tubolare, una canna o un osso cavo, generasse un suono. Proprio in quel momento nasceva il flauto e tutti gli strumenti ad esso collegati. Altra scoperta: accorciando o allungando il tubo la nota diventava più acuta o più bassa e lo stesso effetto si otteneva praticando dei fori lungo il tubo e occludendoli o aprendoli con la punta delle dita. Effetto analogo si otteneva tappando l'estremità del tubo: il suono diventava molto più basso come fosse emesso da una canna lunga il doppio. Praticamente lo stesso effetto che Pitagora (VI sec. a.C.) studiò facendo risuonare una corda tesa e variandone la lunghezza, scoprendo così le note musicali e i rapporti matematici che le collegano tra di loro. Nel Museo nazionale della Slovenia è conservato quello che è ritenuto lo strumento più antico del mondo: un flauto, realizzato da un uomo di Neanderthal, ricavato da un osso di orso delle caverne e datato ad almeno 60.000 anni fa.
Mettendo più canne insieme di varia lunghezza decrescente si ottenne il flauto di Pan. Modificando poi ciascuna canna con la bocca del flauto diritto e aggiungendo un sistema di valvole (ventilabri) che facevano affluire il flusso di aria (vento) in ognuna tramite un apposito comando si ottenne il primo organo della Storia.
La prima descrizione ufficiale di un organo appartiene a Marco Vitruvio Pollione famosissimo architetto e scrittore (I sec. a.C.). Nelle sue opere parla di uno strumento detto hydraulos, cioè ad "aria-acqua". Il vento che faceva risuonare le canne era infatti prodotto da una caduta di un getto d'acqua in un recipiente cavo forzando l'aria ad uscirne. Una rudimentale tastiera o un sistema di leve aprivano e chiudevano i ventilabri. Secondo Vitruvio inventore ne fu l'egizio Ctesibio di Alessandria (III sec. a.C.) e risulta fosse uno strumento più concepito per la ricerca scientifica che per effettivo impiego musicale. Vitruvio descrive anche un sistema di selezione delle sonorità assimilabile agli odierni registri.
Tuttavia occorre tener conto anche di altre testimonianze. Documenti ebraici medievali e disegni descrivono uno strumento molto semplice chiamato mashrokitha (suono sibilante) ovvero un insieme di canne azionate da tasti che si suonava soffiandoci dentro. Tale oggetto viene menzionato in Daniele almeno in quattro punti. Da notare che la stesura definitiva del testo ebraico risale al V sec. a.C. e quindi almeno 200 anni prima della invenzione di Ctesibio. Quindi occorre prestare attenzione alle varie traduzioni operate nel corso dei secoli tra ebraico, greco e latino e alla stessa scelta dei termini operata dai traduttori anche alla luce di ciò che loro consideravano probabile od opinabile. Così il termine "Ugav" viene tradotto ora come "flauto" ora come "organo" ed è presente in Giobbe, Daniele, Genesi e Salmo 150 e comunque ricondotto ad una origine Caldea ed Egizia.
Avraham Ben David Portaleone (1542-1612), medico e filosofo, parla di tale magrefah, strumento a canne orizzontali alimentato a mantici usato nelle cerimonie del Tempio ma tale oggetto non viene menzionato nella Bibbia. Altri scrittori tra il XVII e XIX secolo descrivono con tanto di disegni uno strumento sempre a canne ma non disposte in progressione ma a coppie poiché probabilmente suonate insieme per formare accordi di accompagnamento al canto ascrivendolo comunque alla religiosità del Tempio. La confusione dei termini nel corso delle varie traduzioni e trascrizioni appare chiara se analizziamo il salmo 136 (Super Flumina) che sulla prigionia in Babilonia (sec. VII-VI a.C.). Gli ebrei che in segno di lutto e ricordando i tempi trascorsi di Gerusalemme riportano che «(sui salici nel mezzo del fiume) appendemmo le nostre cetre/arpe/strumenti» ma il testo della Settanta dice «suspendimus organa nostra»: era difficile per il traduttore pensare che degli organi (portativi) potessero essere appesi agli alberi oppure si supponeva che a quei tempi non esistessero tali strumenti?
La diffusione nel bacino del Mediterraneo fu una ovvia conseguenza, accelerata dalla conquista romana. L'organo viene descritto come impiegato nelle celebrazioni del tempio di Delfi nel I sec. a.C., pur se ancora non conosciuto a Roma secondo alcuni autori. Cicerone (75 a.C.) infatti lo descrive dopo averne visto un esemplare durante un viaggio in Asia Minore.
Ma successivamente Svetonio (67 d.C.) racconta di Nerone a far dimostrazione di uno strumento suonandolo personalmente. In quel tempo sempre alimentato a caduta di acqua e ancora denominato hydraulos o hydra era di due tipi: uno grande di almeno dieci registri, perlopiù ance, dal suono forte ed impiegato negli anfiteatri, e un altro più piccolo costituito da canne ad anima dal suono più dolce per uso privato.
Con la denominazione di "canne ad anima" si intendono le strutture tubolari dove il vento entrato nel piede conico posto alla base viene stoppato da una lamina trasversale detta "anima" e forzato nella zona della bocca a passare attraverso una fessura (luce) posta tra anima e labbro inferiore con flusso laminare. La lama d'aria andando ad urtare con la parte superiore della bocca (dente) inizia a vibrare generando il suono. Meccanismo tipico del fischietto. La lunghezza della canna ne determina la nota emessa.
Nelle canne ad ancia invece è una linguetta metallica (ancia) a vibrare al passaggio dell'aria creando il suono. Variando la lunghezza della parte vibrante varierà l'altezza della nota. Il padiglione, come nelle trombe, ne aggiungerà il "colore".
Considerando che ogni a ogni nota (ogni tasto) corrisponde una canna avremo una fila di canne dal suono più basso a quello più acuto. Tale fila si chiamerà registro. Aumentando il numero dei registri aumenteranno le file di canne.
La base su cui poggiano le canne viene chiamata "somiere" e nel suo cuore (secreta) il vento attende l'apertura dei ventilabri, azionati dai tasti tramiti appositi tiranti e leveraggi (catenacciatura) per fluire nelle canne.
Ad Aquincum in Ungheria durante degli scavi archeologici in un sito romano venne ritrovato e riprodotto uno strumento con canne ad anima distribuite su quattro registri e tastiera di tredici. Questa volta l'alimentazione era tramite mantici azionati manualmente. Ovviamente l'alimentazione a mantice, nel corso del tempo, risultò più efficiente rispetto alla caduta d'acqua specie aumentando le dimensioni degli strumenti. Senza escludere i danni che potevano derivare dall'umidità. Da una targa con dedica posta su di esso fu possibile effettuarne la datazione al III sec d.C.
Le invasioni barbariche determinarono la scomparsa della cultura dell'organo nell'Impero di Occidente. La tradizione continuò nell'Impero di Oriente e le cronache riportano la fama di Bisanzio nel secolo VIII per l'arte della costruzione degli organi.
Nel 757 Costantino Copronimo V fece dono di un organo a Pipino il Breve: fu collocato nella chiesa di Saint-Corneille de Compiègne, mentre l'imperatrice Irina ne fece dono di un altro al figlio di Pipino: Carlo Magno, organo che risuonò durante la sua incoronazione. Tuttavia l'uso liturgico rimase confinato alla Chiesa cattolica romana, peraltro con autorizzazione attribuita a Papa Vitaliano (657-670), mentre nell'area ortodossa fu sempre considerato come strumento profano.
Distinguiamo allora due tipologie fondamentali di organi: il "portativo", a cassetta, con poche canne montate suonato con una mano mentre l'altra azionava il mantice e con dimensioni tali da essere portato a tracolla o addirittura alla cintola e, se possibile, appoggiato su un banco. Il "positivo" invece più grande poiché "posato" a terra e suonato a due mani dall'organista mentre un altro addetto ne azionava i mantici.
I monasteri, luogo di studio e di ampliamento delle conoscenze anche matematiche, fisiche e tecnologiche ne furono poi incubatrici del perfezionamento e sviluppo sistematico insieme alle campane. Si studiò anche il comportamento della fonica in base ai vari materiali costruttivi.
Se le chiese romaniche potevano essere allietate da positivi di non eccessiva "stazza", le grandi cattedrali gotiche richiesero strumenti più grandi. A partire da IX secolo abbiamo testimonianze di strumenti positivi dalle cospicue dimensioni definiti Blockwerk: più registri risuonanti tutti insieme oppure differenziati con un registro di sonorità bassa (Principale) ed uno di forte generale (Tutti). Le tastiere erano costituite da leve molto simili ai tasti dei carillon dei grandi campanili nordici e come questi venivano azionate con i pugni.
Leve che poi divennero bottoni.
Frequentemente l'organista con una mano suonava la melodia sul "concerto di campanelli" mentre con l'altra azionava le leve che emettendo il suono fisso fungevano da accompagnamento. Suono fisso che sovente accompagnava anche il coro.
Il Blockwerk della Cattedrale di Winchester costruito intorno al 950 disponeva di ben 400 canne suonate da due organisti ed alimentate da 26 mantici azionati da 70 uomini. L'evoluzione tecnologica fu importante anche in questo settore: nel 1779 per alimentare le circa 850 canne del Principalone della Chiesa Madre di Capracotta vennero realizzati tre mantici azionati da 2-3 addetti.
Sarà a partire dal X secolo che la tastiera assumerà la forma che conosciamo oggi, dai ventuno tasti iniziali per elaborare ed accompagnare tutti i modi del gregoriano divenne via via più estesa. Nel XI secolo comparve la pedaliera. Usata fondamentalmente per note lunghe e basse di accompagnamento, e di pochi tasti, era costantemente collegata tramite tiranti alla tastiera (da quel momento definita come "manuale") e priva di registri propri. La pedaliera avrà successivamente uno sviluppo strepitoso diventando tastiera a tutti gli effetti (fino a 32 pedali) e corpo d'organo autonomo con registri propri.
Attualmente è in corso un piano quinquennale di studio e ricostruzione e riproduzione di un organo ritrovato sepolto nella Basilica della Natività a Betlemme. Donato dai Crociati prestò servizio per tutto il XII secolo per poi essere sepolto in una cassa di legno nella Basilica onde preservarlo dalla distruzione durante la conquista musulmana della città. Un organo "congelato" nel tempo e forse unico strumento rimasto di quell'epoca che potrebbe far maggiore luce sulle sonorità di allora e sulla prassi esecutiva.
Nel 1270 Goffredo vescovo di Brescia ordinò la costruzione di uno dei primi organi famosi d'Italia ormai diventata cuore pulsante di una scuola costruttiva che si sarebbe diffusa alla Francia ed alla Germania.
Famosi anche gli organisti tra cui Francesco Landini (1325-1397), detto "il Cieco degli Organi". La sua lapide tombale in San Lorenzo a Firenze lo mostra sostenente il suo portativo.
Dante Alighieri (XIII-XIV sec.) ci conferma ulteriormente, nel IX Canto del Purgatorio, l'uso liturgico dell'organo: «Quando a cantar con organi si stea, ch'or sì, or no s'intendon le parole», descrivendoci così anche la pratica del canto in alternatim: verso gregoriano cantato dalla schola alternato a versetto suonato dall'organo.
L'organo di Norlland, costruito tra il 1370 e il 1400 sull'isola di Gotland ed oggi conservato presso il Museo Nazionale di Stoccolma, è lo strumento più antico che si sia conservato anche se purtroppo solo per la parte meccanica.
L'organo viene menzionato nelle funzioni anche nei "Fioretti di san Francesco" (XIV sec.): «ho udito tutto l'ufficio e il sonar d'organi che ivi s'è fatto».
La realizzazione di questi strumenti era diventata scienza a tutti gli effetti: al 1440 risale il trattato di organologia di Henri Arnault di Zwolle. Anche oggi tabelle apposite illustrano le misure per ciascuna canna e ciascun registro tenendo conto dei materiali, della tipologia delle parti sonore e delle caratteristiche dell'ambiente in cui verrà collocato, nonché la progettazione per la disposizione della struttura e dei meccanismi. Il tutto poi rapportato alla tradizione e alle peculiarità di ogni casa organaria: ogni organo è pertanto un'opera unica! Architetti e Maestri del legno poi interagiscono con l'organaro nella realizzazione e decorazione della cassa.
Conosciuto oggi come scienziato, pittore ed inventore, Leonardo da Vinci (1452-1519) era famoso e richiesto nelle corti specialmente per la sua abilità di musicista e compositore, particolarmente virtuoso nel suonare la lira. Tra i primi ad usare il pentagramma, nel Codice di Madrid ci ha lasciato la progettazione di ben tre organi "sperimentali". L'"organo continuo", dove l'organista con una serie di leve e carrucole poteva in tutta autonomia azionare i mantici; l'"organo di carta", una fisarmonica ante litteram con le canne al posto delle attuali ance; l'"organo ad acqua", dove, cadendo in ogni singola canna, era la stessa acqua, muovendo la colonna d'aria, a far risuonare lo strumento. Parleremo ancora in altra sede di Leonardo e delle sue sperimentazioni musicali.
Dal XV secolo osserviamo la comparsa degli "organi maggiori": grandi strumenti ad installazione fissa e posti in apposite cantorie a balconata o a "nido di rondine" e contrapposti agli "organi di coro", positivi più piccoli generalmente collocati nel transetto o comunque nei pressi dell'altare maggiore, talora anche in cantorie più ridotte, ed utilizzati per accompagnare il canto delle corali.
Ma sono arrivati a noi anche disegni e miniature dove positivi sono montati su carri per essere trasportati durante feste e processioni.
In un "nido di rondine" in controfacciata, con la cassa e le portelle dipinte, fa mostra di sé l'organo della Basilica di Valère in Sion (Svizzera) considerato lo strumento più antico al mondo ancora funzionante. Costruito nel 1435 ha subìto vari rimaneggiamenti fino al più recente restauro che lo ha riportato quasi alle condizioni originali. Manuale unico di 49 tasti con prima ottava e pedaliera "a scavezza" (o corta) e nove registri rimaneggiati e installati nel XV secolo, mentre tre erano i registri originali disposti su una tastiera di 31 note e senza pedaliera.
A San Petronio in Bologna è conservato, perfettamente funzionante, l'organo più antico d'Italia, costruito da Lorenzo da Prato nel 1475.
Giungiamo così al Rinascimento che segnerà l'inizio della vera grande avventura dell'organo e dei grandi organisti. Da qui ogni Nazione, ogni Confessione, ogni Etnia ed ogni stile compositivo connoteranno con i propri caratteri la costruzione degli strumenti in maniera più sistematica.
Appuntamento allora per far svolazzare altra "polvere di cantoria" storica e guardare insieme ancora un pochino di organaria, per capire meglio quali sono, a grandi linee, le caratteristiche di queste complesse ma affascinanti macchine musicali...
Francesco Di Nardo