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Symbolum Nativitatis #1


Presepe Capracotta

Il presepe francescano è un fermoimmagine.

È l'infinitesimale istante in cui una insolita storia familiare si trasforma in una prospettiva universale, in un emblema di speranza e riscatto, di gloria e vita eterna. Il presepe è la povertà che trascende il suo aspetto materiale per tramutarsi nella ricchezza del Verbo.

La scena è quella di una grotta sulla collina di Beit Lehem, al cui interno sta una coppia apparentemente mal composta tra un anziano falegname e una virtuosa Giovinetta, tra di essi una mangiatoia utilizzata a mo' di cuna e, in cielo, una meteora particolarmente luminosa che ravviva gli oliveti e i deserti. È in quel frangente che Dio riscrive la Storia. La realtà severa e ammonitrice del vecchio testamento si converte nella bimillenaria avventura di amore e redenzione nella quale siamo immersi come liquido amniotico.

Come può un momento - che per definizione svanisce non appena lo si nomina - protrarre un'eredità tanto travolgente per gli uomini del pianeta? Il mistero del presepe è proprio questo: nel suo batter d'occhio sta il messaggio cristiano perpetuo.

E nel cristianesimo vi sono tutti i valori che stanno alla base della nostra quotidianità. Manca lo spazio per un solo sentimento, la di-sperazione, ovvero l'assenza di speranza. «Il Regno dei Cieli non avrà fine»: per quale motivo dovremmo disperare?

 

Il presepe rudimentale che ho pensato per la prima edizione di "Presepi e quartieri", dunque, intende esaltare il momento infrangibile della natività capovolgendone le sue peculiarità: da baleno effimero, da istante fuggevole, si fa natura (apparentemente) morta.

Sul pavimento le briofite del Monte di San Giovanni, tessuti vascolari che assorbono e spurgano acqua in continuazione. Le volte della grotta emulate da cimaglie del Monte di San Luca, sterpaglie per definizione sterili. A figurare i santi personali di Maria e Giuseppe, due chianconi del Monte delle Cornacchie, ché la Fede è saxo durior, più dura del sasso. Attorno alla scena della natività, la neve: acqua che muta il suo stato al mutare della temperatura. Il Bambino verrà posizionato il 25 dicembre, nel giorno del sole invitto.

L'unico elemento ahimé artificiale del presepe è l'impianto a led: per motivi di sicurezza, purtroppo, non è possibile utilizzare le fiamme vive, le quali avrebbero rappresentato l'elemento naturale ideale per chiudere il cerchio di questo primo symbolum nativitatis.

Il sito scelto per il presepe è la scalinata del sagrato della Chiesa di San Vincenzo e della Madonna Incoronata. Quella scalinata, infatti, può in qualche modo richiamare il colle di Betlemme su cui sorge la Basilica della Natività, dove nel 2013 toccai con mano la stella d'argento sotto la quale nacque il Figlio di Dio e dell'uomo.

Guglielmo di Ockham sosteneva che Dio differisce dalla pietra perché questa è finita. La teologia ci invita, anzi ci impone, di immaginare una pietra infinita.

Buon Natale a tutti.


Francesco Mendozzi

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