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La Tavola degli Dei


Tavola degli Dei
La Tavola Osca.

Al 3° piano (galleria G69) del British Museum di Londra, in una vetrina condivisa con altri oggetti e non da sola come converrebbe ad un reperto archeologico di tale importanza, giace una lamina bronzea dallo spessore medio di circa 4 mm., 165 mm. circa di base, un'altezza di 279,5 mm. e 2.332 gr. di peso. Si tratta della Tabula Osca, nota anche come Tabula Agnonensis (Tavola di Agnone), una tavoletta con iscrizione in lingua osca su entrambi i lati. Insieme alla Tabula Bantina e al Cippus Abellanus rappresenta una delle più importanti testimonianze esistenti dell'estinto idioma degli Osci, popolazione di origine indoeuropea insediatasi in ampia parte dell'Italia meridionale in epoca pre-romana e dedita alla coltivazione della terra e alla pastorizia. In Molise gli Osci finirono con fondersi coi Sanniti coi quali ebbero numerosi elementi di affinità.

La tradizione vuole che l'oggetto sia stato rinvenuto in una località agreste detta Fonte del Romito, in un podere appartenuto ad un certo Giangregorio Falconi, situato nelle vicinanze del Monte del Cerro, tra Agnone e Capracotta (Isernia), e coltivato dal contadino Pietro Tisone a cui si deve il ritrovamento della Tabula durante lavori di aratura nel 1848. Sottoposto alla visione dei fratelli Francesco Saverio e Domenico Cremonese di Agnone, già impegnati nello studio di resti lapidei ritrovati nella zona, questi dettero notizia del ritrovamento nel "Bullettino dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica" di Roma e riferirono del reperto bronzeo al noto storico ed epigrafista tedesco Theodor Mommsen che aveva da poco visitato il Sannio e le importanti vestigia venute alla luce. Trascorsero diversi anni e la Tavola di Agnone finì in possesso dell'antiquario romano Alessandro Castellani che la vendette nel 1873 al British Museum di Londra.

Tracciata in modo netto e profondo sulla superficie del bronzo, l'iscrizione è presente su entrambe le facciate della Tabula: in 25 righe su quella principale e in 23 righe sul retro. La prima parte del testo descrive un sacro recinto dedicato a Cerere (dea della terra e della fertilità, nume tutelare dei raccolti) dove nel corso dell'anno avevano luogo, a scadenze stabilite, cerimonie religiose in onore di 15 divinità elencate nell'iscrizione. Si aggiunge inoltre che ogni due anni una cerimonia speciale aveva luogo presso l'altare del fuoco e che in occasione dei Floralia (festività primaverile di carattere agreste) nei pressi dello stesso santuario si celebravano sacrifici in onore di quattro divinità. Sul retro si precisa che al recinto sacro appartengono gli altari dedicati alle divinità venerate al suo interno. Vi si afferma inoltre che solo quanti pagano le decime sono ammessi al santuario, e quindi passa ad elencare, come in una sorta di inventario, le proprietà del santuario, le persone che possono frequentarlo e quelle che lo amministrano.

 

Il sacro elenco degli dei

Húrtín kerríiín è l'espressione con cui è indicato il luogo sacro, tradotta come "orto sacro di Cerere", laddove al termine húrtín sarebbe da porre in relazione il latino hortus e il nome di Uorte (cioè orto) col quale, secondo la tradizione locale, veniva anche denominata nell'800 la località Fonte del Romito, luogo dichiarato di ritrovamento della Tabula. Le divinità menzionate (che con Cerere e Flora ammontano a 17) sono da ricollegarsi all'agricoltura, al raccolto ed ai frutti della terra, come sottolineato dall'uso dell'epiteto Kerríiaís ("cereale", a cui forse non è estraneo l'attuale nome del vicino Monte del Cerro) che compare accanto al nome di diversi fra gli dei citati (Kerres, ossia Cerere alias la greca Demetra; Vezkeí, identificato con Vetusco oppure Veiove; Evklúí Patereí, ossia Euclo padre (Ade); Futreí Kerríiaí, Persefone figlia di Cerere; Anter Stataí, Stata Mater; Ammaí Kerríiaí, Maia, dea italica della primavera; Diumpaís Kerríiaís, ninfe delle sorgenti; Liganakdíkei Entraí, divinità della vegetazione e dei frutti; Anafríss Kerríiuís, entità delle piogge; Maatúís Kerríiúís, dea italica dispensatrice di rugiada per i raccolti; Diúveí Verehasiúí, identificato con Giove Virgator; Diúveí Regatureí, Giove Pluvio; Hereklúí Kerríiuí, Ercole; Patanaí Piístíaí, dea della vinificazione; Deívaí Genetaí, Mana Geneta; Pernaí Kerríiaí, Pales, dea dei pastori; Fluusaí, Flora nume tutelare dei germogli). Sotto la suprema egida di Cerere era dunque assegnato a questa schiera di divinità il compito di favorire la fertilità della terra e l'abbondanza dei raccolti.

Come ricorda l'archeologo Adriano La Regina nel volume "Abruzzo e Molise", la tavoletta bronzea è stata ritrovata con il chiodo per l'affissione ancora conficcato in una pietra presumibilmente «crollata da un muro costruito con blocchi squadrati e legati con malta». Secondo lo studioso ci troviamo di fronte alla rappresentazione di un ciclo cultuale agrario «collegato con il mondo infero». «L'elenco di divinità – spiega La Regina – non costituisce un generico pantheon italico, ma il particolare sistema cultuale di quel santuario, la cui area di influenza doveva essere limitata all'ambito paganico, o interpaganico, a cui apparteneva. Vi si celebravano annualmente solo i ludi Florales, certamente con rappresentazioni sceniche. Il carattere dei ludi concorda con quello agricolo dei culti. Il bronzo contiene quindi non una qualunque legge sacra, ma la legge sacra di quel santuario».

 

L'enigma del santuario di Cerere

A questo punto non è peregrino ipotizzare che nei pressi del luogo di ritrovamento della lamina di bronzo sia esistito un santuario dedicato a Cerere comprensivo di una serie di altari dedicati a varie divinità della fertilità, delle fonti, dei raccolti e degli armenti, a cui la popolazione sannitica si rivolgeva per impetrarne il favore. Ma proprio l'identificazione di questo luogo costituisce da tempo uno dei grandi enigmi legati alla Tabula Osca. Proprio agli inizi di quest'anno, Paolo Nuvoli e Bruno Paglione - rispettivamente un giurista con la passione per la storia e un Ispettore Onorario per i Beni Archeologici della provincia di Isernia - hanno riassunto nel volume "Gli enigma. La Tavola Osca e Pietrabbondante" i dubbi per anni maturati da molti in merito alla reale ubicazione del luogo di ritrovamento della Tabula. I due autori sostengono che le descrizioni del luogo date al tempo della scoperta non corrisponderebbero alle reali condizioni della località Fonte del Romito, dove non è stato ritrovato alcun santuario o recinto sacro, né alcun muro dove la Tabula potesse essere affissa. Dopo varie argomentazioni i due autori hanno concluso indicando quindi in Pietrabbondante (Isernia), sede di un grande centro religioso e politico dei Sanniti, il luogo più consono ad un oggetto come la Tabula Osca, e a tal proposito sollecitano altre ricerche ed approfondimenti. Ma non finisce qui: Nuvoli e Paglione si dicono convinti che poco dopo il ritrovamento qualche raffinatissimo artigiano di Agnone abbia realizzato una copia perfetta della Tabula e che questa, non l'originale, sia finita nel 1867 nelle mani dell'antiquario romano Castellani per poi approdare, nel 1873, nelle sale del British Museum di Londra. Un'affermazione che sembra celare imminenti sorprese.

Intanto proprio pochi giorni fa il prof. Adriano La Regina, interpellato sulla questione del luogo del ritrovamento, si è detto invece convinto che la sede tradizionalmente indicata, cioè la Fonte del Romito a Capracotta, sia quella giusta, e sollecita in proposito una ripresa degli scavi nell'area: «Alla fine degli anni '70 – spiega l'archeologo – sono stati condotti nella zona saggi di scavo mai completati, che sarebbe opportuno riprendere. Si tratta di un'area molto importante dalla quale sono già emerse strutture che, diversamente da quanto ritenuto in un primo momento, non hanno affatto carattere rurale, ma sono pertinenti proprio al santuario di Cerere. La prova sta nelle tegole degli edifici che recavano la stampigliatura "Ker". È evidente che si tratta di materiale di copertura di un santuario pubblico».

La vicenda si fa dunque sempre più intrigante. Non rimane che attendere nuovi sviluppi.


Kasia Burney Gargiulo

 

Fonte: https://www.famedisud.it/, 27 luglio 2015.

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