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Tempo da lupi ovvero: sogno di fine gennaio


Capracotta neve anni 50
Panorama di Capracotta dal Munnezzàre (foto: V. Simone).

Capracotta, gennaio.

Era di sera e la bufera, una bufera infernale che non ha riscontro nel ricordo dei vecchi del paese, si scatenò improvvisa, violenta, tremenda su Capracotta. Pertanto a casa mia restarono bloccati Ruggero, il Comandante e Romeo. Eva, Ada e Cesira sapevano che i loro congiunti sarebbero tornati a casa col calmarsi della eccezionale tormenta.

Si fece un po' tardi e mia moglie preparò una cena di circostanza: brodino di pecora, alcune soppressate, noci e fichi secchi. Avevamo a disposizione anche alcuni fiaschi di buon vino tonico della mia vigna di Lupara. Mia moglie aveva lo stomaco un po' in disordine e dopo aver consumato una tazza di latte caldo andò a riposare. I miei figlioli dormivano già da qualche ora.

A un certo punto, Ruggiero, fregandosi le mani, esclamò: «Tempo da lupi». Io subito ribattei: «Fuori, ma dentro è tempo da amici».

L'ambiente era caldo. Due ciocchi, uno appiccicato all'altro, ardevano con gioia nel focolare. Dava ad essi vita una magnifica fiamma. Una fiamma che li avrebbe a lungo andare inceneriti. Erano quindi uniti dalla fiamma per la vita e per la morte. Era però una nostra impressione perché era la fiamma a ricevere vita dai ciocchi: un unico destino quello della fiamma e dei due ciocchi.

Durante la cena parlammo di alta politica e di piccoli fatti personali. Subentrò il tressette, ma restarono le noci, i fichi secchi e il vino. Il contrasto era interessante: fuori, l'ira di Dio; dentro, la pace del Signore. Il tempo passò senza che ce ne accorgessimo e toccammo così le punte più avanzate delle ore piccole.

Fu qui che la tormenta così come si era improvvisamente scatenata, si placò. Aprimmo la finestra. Non dimenticherò ma quella prima boccata di aria fresca che ci costrinse ad un ampio respiro di salute, né dimenticherò quello schiaffo freddo, sottile, improvviso dato di primo mattino alla nostra faccia.

Non era possibile agli amici di tornare a casa. Il portone era ricoperto dalla neve ed uscire comunque a quell'ora sarebbe stato pericoloso: era tempo da lupi. Infatti in circostanze come queste sogliono scendere da Monte Capraro queste brutte bestie affamate. E non rispettano allora neanche gli uomini. Ma gli uomini lo sanno e danno la caccia al lupo dalle finestre.

Fu Romeo a proporla. La proposta di Romeo venne subito accettata e il Comandante studiò e suggerì un turno per la posta alla finestra. Ognuno doveva restare alla posta dieci minuti. Gli altri tre sarebbero restati al focolare. Se la fortuna avesse assistito l'appostato, costui avrebbe dovuto con un cenno avvertire gli altri tre: a lui però l'onore della schioppettata.

Questi gli accordi. Si caricò quindi il fucile, si spensero le luci e si sorteggiò. Capitò a me. Fummo fortunati... Io ero alla terza posta quando lo vidi di fronte, dall'altra parte della strada. Stava fermo sotto una finestra. Guardava dalla parte mia. Mi accorsi che aveva la bocca aperta. Feci subito un cenno agli amici che si accostarono piano piano. Puntai il fucile e presi la mira. Ma non riuscivo a mirare: quel mirino non era fermo, si muoveva troppo. Ma forse non era il mirino che si muoveva: forse non era fissato bene sul fucile. Il Comandante avrebbe però dovuto avvertirmi. Cominciavo a sentire freddo e pure lo stomaco faceva dei piccoli strani movimenti. Se questa è l'emozione, io evidentemente ero emozionato. Tanto emozionato che non riuscivo a vedere più neanche il lupo che pure era grosso e nero. E stava lì fermo.

Ruggero fortunatamente se ne accorse, e fu tempestivo a strapparmi il fucile di mano, a mirare e a sparare. Quel colpo improvviso nella notte silenziosa mi ridonò la calma e così anche io potetti partecipare alle grida di gioia dei miei amici per il colpo riucito.

Mi sveglio inondato da un fascio di tiepido sole di questo gennaio eccezionale.


Durante Antonarelli

 

Fonte: D. Antonarelli, Tempo da lupi ovvero: sogno di fine gennaio, in «Momento-Sera», X:24, Roma, 28 gennaio 1955.

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