Una lampada,
lingua di luce rossiccia
sonnacchiosa opaca
tra i vetri fuliginosi,
dondola le tenebre amiche
impassibile recando al vento
l'ora fugace
di questa notte;
esaurita l'ultima stilla
che irrora la vena
in cui pulsa moribondo
l'estremo respiro della luce
si farà giorno;
domani forse
passerò muto sotto la lampada
spenta
sul mio viaggio ricco di albe
in un mattino
che aggiorna
senza fine.
Geremia Carugno
Fonte: G. Carugno, Petali, Sammartino, Agnone 1963.