Il territorio di Capracotta nella giurisdizione della Capitanata
Come nei cenni fatti del periodo angioino vincoli di affinità avevan legato i feudatari che nel secolo 1300 spadroneggiavano in questo nostro alto Molise e nel contiguo Abruzzo: nuovi se ne strinsero non solo fra i d'Ebulo e i Caldora, ma fra i d'Ebulo e i Carafa; fra essi e i Cantelmo; tutti ossequenti sostenitori della Dinastia Angioina, che li aveva lasciati pappar bene con l'accrescimento di numero e di vastità dei possedimenti. Ecco perché i Caldora contrastavano i passi ad Alfonso d'Aragona. Ad ogni modo dopo l'ultimo fatto d'arme il 29 giugno 1442 presso Carpinone, tutti dovettero sottomettersi al trionfante Alfonso, il quale li lasciò stare nelle sedi occupate, dicono i Cronisti per magnanimità (e come magnanimo egli rimase nella Storia), ma è da credere invece per prudente politica.
Nel Febbraio 1443 i Baroni furon da lui chiamati a Congresso. Come attesta il Ciarlanti, vi intervenne Antonio d'Eboli (figlio di un Andrea), il quale, non solo prese parte attiva al Congresso, ma vi presentò anche il giovane figliuolo Andrea, circostanze attestanti che la qualità di Barone gli era stata riconosciuta regalmente; anzi in seguito a tale intervento fu dichiarato diletto Consigliero di Sua Maestà. La Rocca prescelta a sede e dimora dai d'Eboli era stata e rimase Castropignano. Uno di essi ne aveva costruita un'altra a Civitanova, dopo aver avuto questo altro feudo nel 1360.
Morto Antonio nel 1456 (?), Re Alfonso confermò o rinnovò al detto figlio Andrea la formale investitura dei varii feudi tra cui quelli di Capracotta. Perciò nei Registri feudali Capracotta si trova unito a Civitanova ed a Castropignano.
Trascrivo quel che è inserito nel Repertorio ai Quinternioni di Terra di Lavoro e Molise sulla detta investitura: «In anno 1457 Re Alfonso investì lo Magnifico Andrea D'Ebulo pro se et suis dell'infrascritte Castella: Civitanova, Castropignano cum Casalis, Casalciprano, Roccaspromonte, Speronasino cum Casalis, Capracotta, Macchia Strinata et Cobatta habitati; nec non delli infrascritti altri inhabitati; Castelluccio prope Sperlunga, Monteforte cum medietate Spelunchæ, Pescuvenafre de Comitatu Molisii, et Ripalva de Capitanata, cum eorum Castris, fortellitiis, vassallis, feudis, vineis, herbagiis, olivetis, silvis, nemoribus, pascuis, aquis; molendinis, captinderis, bajulationibus, venationibus, passaggis, gabellis et cum mero et mixto imperio, banco justitiæ, et cognitione causarum civilibus et criminalibus, et cum omnibus ad castra ipsa spectantibus, et pertinentiis, devenute le Castella predette per morte del quondam M. e diletto consigliero suo Antonio D'Ebulo suo padre».
Così dunque la formale investitura riaffermata ad Andrea d'Ebulo col grado di gran feudatario, e Barone tra l'altro di Capracotta e suo territorio, era compiuta ed allargata coi maggiori poteri fino a disporre delle sostanze e della libertà personale delle genti poste sotto le grandi ali della sua protezione, pari a quella del manzoniano Don Rodrigo.
Nondimeno bisogna riconoscere a questo punto che un certo rinnovamento ed incremento di attività poté cominciare a svolgersi presso la nostra popolazione antica. Già questa s'era andata accrescendo notevolmente sullo scorcio della dominazione angioma, come potremo constatare, ed in essa era penetrato un soffio della cultura intellettuale, anzi laica, pagana propagatasi in Italta fuori dei chiusi cenobii; coi poeti v'era entrato un incitamento allo studio delle lettere, delle leggi, dell'arte di guerreggiare con l'uso delle armi da fuoco piccole e grandi, che già aveva destata l'emulazione dei Condottieri.
La vittoria aragonese poi aveva smorzato nel reame l'incentivo alle contese dinastiche ed alle guerriglie tribolatrici delle Comunità ed aperto l'adito ad una pace durevole. Ed il governo aragonese apportò pure un complesso di disposizioni che sollevarono abbastanza tutte le nostre popolazioni montane.
Nell'enunciato Congresso dei Baroni, aperto il 28 febbraio 1443; fu provveduto alla riforma tributaria; e fu allora che, abolito il sistema delle arbitrarie Collette e Sovvenzioni, fu istituita la tassa dei fuochi, cioè di un Ducato (£. 4,25) per fuoco o famiglia, col diritto a questa di ricevere un Tomolo (litri 56) di sale. Fu stabilita all'uopo la numerazione dei fuochi nei centri abitati, da rinnovarsi ogni triennio. I detti centri o comunità tennero più degnamente il titolo di Universitates civium.
Ma sopratutto giovevole fu l'istituzione (o ripristino secondo alcuni) della Dohana Menapecodum Apuleæ, ordinata il primo Agosto 1447, con la quale, reintegrandosi allo Stato tutto il Tavoliere di Puglia, si distribuirono i pascoli di quell'ampia plaga ai possessori di greggi e di armenti: ed i Molisani e gli Abruzzesi, che ne avevan gran numero, ne furono incitati ad accedervi e ad accrescere le loro industrie. Per facilitarne il tragitto furon tracciate ed aperte le ampie e rette vie erbose dette Tratturi, dagli Abruzzi Aquilano e Chietino fino all'estremo della penisola salentina. Per migliorare le razze furono importati i merinos di Spagna.
I pascoli del Tavoliere furon ripartiti in ampie zone dette Locazioni; e queste suddivise ai singoli possessori o massari di armenti, proporzionatamente al numero di ciascuna Masseria; il proprietario o massaro diventava un Locato che assumeva l'obbligo di pagare un vettigale cioè contributo o canone annuo allo Stato.
Centro della Dogana fu Foggia. I Locati e tutti i loro pastori, custodi e dipendenti, furon sottratti alle giurisdizioni baronati tanto per le contestazioni civili che penali, e sia per tutte le controversie amministrative sulle Locazioni, e sottoposti alla giurisdizione del Tribunale di Lucera, in prima istanza ed in appello alla Corte di Trani. Anzi tutto il Contado di Molise fu perciò staccato per l'ordinamento amministrativo e giudiziario da Terra di Lavoro ed aggregato alla Capitanata.
Fu così che in quel mezzo secolo di favorevole regime ebbe quì incremento l'industria del bestiame e con essa una certa prosperità dei nostri antichi.
Con l'aumento della popolazione ingrandì l'abitato, nuove case sorsero fuori del ristretto recinto del vecchio: dilargò la coltivazione delle terre col maggior bisogno di cereali: crebbe la circolazione del denaro che sul finire degli Angioini era diventato rarissimo specie nella valle del Sangro; altre Chiesette sorsero nei nuovi rioni; si accrebbero dì beni le Pie associazioni per confraternite: fu dotato il Clero.
Dalle famiglie incominciarono a venir fuori alcuni studiosi che si dedicavano al sacerdozio, alle leggi, alla rinnovata arte del guerreggiare come ho già accennato e come ci è dato desumere dalle note nei Registri dei fuochi di quei tempi.
La prima numerazione dei fuochi si sarebbe dovuta cominciare presto, almeno nel corso 1443-1444; ma la più antica ritrovata in Archivio è del 1447. Il Faraglia, che fu tra i primi ad esaminarla, e la trovò mutilata di fogli, ne trascrisse quella parte incompleta relativa alle Terre della Valle del Sangro dal mare a Pescasseroli in una recensione pubblicata nel 1898 in "Rivista Abruzzese di Storia e d'Arte". Il dotto compilatore v'interpose interessanti annotazioni, dalle quali traspare un quadro vivo, ma desolante delle nostre popolazioni a quel tempo, rese più che mai infelici dall'oppressione feudale; dalla vergognosa incuria del governo dei Franchi, dei Normanni, degli Angioini.
L'autore rileva che quelle eran cresciute nella proporzione da 1 a 22; ma in quali condizioni mio Dio! Ed è per questo appunto che mi sembra opportuno citare qualche altra annotazione dell'autore, perché poi infaustamente di quella prima Numerazione mancano le pagine relative a Capracotta. Le Numerazioni eran fatte d'ordinario da un Commissario regio, da uno del Barone coadiuvati dal Parroco e da due Massari del luogo. Ma non si trovavano dappertutto Registri regolari dei nati, dei viventi, dei matrimoni, dei morti. A molte famiglie mancavano i cognomi e bisognava andarli rintracciando dal nome patronimico, dall'esercizio del mestiere, dal luogo di provenienza, da qualità o da difetti dell'individuo da nomignoli affibbiati a capriccio o da svariati attributi.
Il denaro rarissimo donde nullità del commercio e difficoltà dello scambio delle derrate e delle sostanze. La tutela dei diritti, la giustizia alla mercè del Barone o del suo Agente. Assolutamente nulla la pubblica assistenza, la pubblica utilità, o protezione ad ogni privata iniziativa. Dalla nuova tassa restarono esentati il Barone, i suoi agenti, gli ecclesiastici; i ricchi insomma.
Il bene che gli Aragonesi cominciarono a fare in pro dei sudditi fu offuscato però dal non aver saputo resistere alla enorme pressione dei feudatari in cerca sempre di maggiori privilegi. Contro l'ingordigia di costoro e le prepotenze non eran valse gran fatto le Costituzioni Sveve, i Capitoli angioini, le Prammatiche della nuova dominazione; anzi, come afferma il Winspeare, furono «gli aragonesi che più degli altri alienarano i diritti sovrani nell'ammistrazione della giustizia concedendone ai Baroni». Un saggio di questa fatale condiscendenza si trova nella conferma fatta da Re Ferdinando I (il Bastardo) nel 1483 all'altro Andrea d'Ebulo, nipote di quello innanzi menzionato, della investitura dei feudi aviti, principali quelli di Castropignano, Civitanova e Capracotta. All'uopo trascrivo quel che n'è inserito nei Repertori ai Quinterioni: «Il detto Andrea procreò Carlo, et il detto Carlo procreò Andrea juniore, lo quale Carlo, essendo morto prima di detto Andrea seniore, suo padre, successe lo detto Andrea juniore suo nipote in tutte le predette Castella, delle quali in anno 1483 Re Ferrante investì et confirmò et etiam de novo concesse in quibuscumque lo mero et mixto imperio, et cum potestate erigendi furcas et alia meri et mixti imperii signa denotantia, itaque in primis causis homines et vassalli dictarum terrarum non possint extrahi a trubunali ipsius Andrææ et suorum Judicorum, cum potestate componendi delicta; et cum quatuor Literis arbitrariis, cumque Colletta S. Mariæ et de renovato appretio». Da altre Numerazioni di fuochi fatte sotto gli Aragonesi sopravvivono in Archivio quelle del 1472 e del 1489, ma non ho avuto possibilità di consultarle.
Luigi Campanelli
Fonte: L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Tip. Antoniana, Ferentino 1931.