top of page

Il Tibet dell'Appennino


Capracotta neve 1981
Sul muro la nevicata del 1981.

Capracotta appare una cittadella indifesa. Tra lo splendido verde che circonda l'asfalto se ne intravede il profilo spoglio dai rilievi assolati in estate ma pericolosamente esposti alle bufere nevose d'inverno.

Percorso ancora qualche chilometro appaiono, invece, i suoi angeli custodi: Monte Capraro e Monte Campo. Forti, ricchi gioielli naturali, orgoglio dei capracottesi, protettori di un nucleo abitato altrimenti in balia completa dei fenomeni naturali. Si giunge nel paese, si sale lentamente e si imbocca corso Sant'Antonio, il viale principale, quello dello struscio, per fermarsi in piazza Stanislao Falconi, il cuore del paese.

C'è il municipio, la sede dello Sci club, uno dei più antichi d'Italia, fondato nel 1914 dal maestro elementare Giovannantonio Paglione, che alcuni anni prima aveva portato un paio di sci da fondo in paese: una vera primizia. Qui nacque Stanislao Falconi, insigne giurista della fine del Settecento, divenuto in seguito magistrato procuratore generale della Suprema corte di cassazione del Regno delle Due Sicilie.

I capracottesi che si incontrano in piazza sottolineano la grandezza del personaggio e gonfiano il petto quando parlano delle origini del paese, di Prato Gentile e dello Sci club (stella d'oro del Coni al merito sportivo).

Un dato accomuna i 1.307 residenti ufficiali e le decine di migliaia di figli di capracottesi che da Campobasso, Isernia, Roma, Germania, Svizzera e Americhe si danno appuntamento ogni anno, a Natale e agosto: l'orgoglio di essere di Capracotta e il comune ricordo di inverni in cui si rimaneva bloccati in casa dalla neve, quando la gente faceva le provviste aspettando l'assedio, quando arrivò il primo spartineve, tuttora attivo, donato nel '51 al Comune da emigrati negli Stati Uniti.

Naturalmente gli argomenti principali di questa estate erano (e rimangono) i prossimi campionati italiani di fondo, quando le medaglie d'oro Albarello, De Zolt, Belmondo e compagni si disputeranno sulla pista "Mario Di Nucci" il titolo nazionale.

Il paese ha dichiarate origini sannite, da queste parti pare si fossero insediate alcune tribù di sanniti caraceni. Si ipotizza la presenza nei dintorni di un tempio di Cerere. Resti di tombe sannite ritrovate in contrada Guastra sono esposti al Museo nazionale e a Roma, Napoli e Chieti.

La famosa Tavola Osca, conservata nel British Museum, sarebbe stata ritrovata in agro di Capracotta alla fine del secolo scorso, da un contadino di origini agnonesi, un certo Pietro Tesone, che la vendette nel 1848 ad un orafo di Agnone. L'architettura dell'abitato non tradisce assolutamente simili precedenti, né i trascorsi medievali, avendo i tedeschi minato e incendiato tutto il paese durante la loro ritirata sul finire della Seconda guerra mondiale. Subito dopo Capracotta fu completamente ricostruita.

Negli anni '60 vi fu una massiccia emigrazione verso la Svizzera e la Germania, ma l'attaccamento dei capracottesi alla propria terra è rimasto immutato.


Marco Zollo

 

Fonte: M. Zollo, Il Tibet dell'Appennino, in «Molise», III:5, ottobre 1992.

bottom of page