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Torquato Di Tella e la sua idea di nazione


Torquato Di Tella
Torquato Di Tella presenta i nuovi modelli di frigoriferi nel 1941.

Prima di soffermarci su questo tipo di informazioni è utile ricostruire brevemente la vita di Torquato Di Tella. Nato a Capracotta il 15 maggio nel 1892, emigrato in Argentina realizzò, nel 1910 a Buenos Aires, una piccola industria per la fabbricazione di macchine impastatrici per panetterie che rappresentò la sua fortuna, visto che con gli anni quella industria meccanica diventerà una delle più importanti di tutta l'America Meridionale.

Nel 1915 Torquato rientrò in Italia per arruolarsi nell'esercito e partecipare alla Prima guerra mondiale. Sul fronte si distinse meritando ben tre decorazioni al valore. Finita la guerra tornò in Argentina dove si laureò in ingegneria industriale. L'anno di svolta fu il 1923, quando iniziò la produzione di pompe di benzina e la collaborazione con la Shell Mex di Londra per la vendita di carburante. Gli anni che vanno dal 1927 al 1930 furono il periodo di massimo sviluppo della sua azienda denominata SIAM, con l'apertura di filiali all'estero.

La crisi economica del 1929 colpì anche Di Tella che nel 1931 fu costretto a ridimensionare di molto le proprie attività. Una grande capacità imprenditoriale, tuttavia, gli consentì di modificare la produzione, facendo sì che la SIAM riprendesse a crescere arrivando, negli anni '40 ad essere la più grande azienda sudamericana di frigoriferi ed elettrodomestici. Con il tempo Di Tella affiancò all'attività imprenditoriale anche l'insegnamento universitario e la produzione pubblicistica. Torquato Di Tella morì a Buenos Aires nel 1948.

È bene infine inquadrare il periodo storico in cui tale rapporto epistolare si svolge. Il carteggio va dalla fine del 1928 alla fine del 1931, periodo in cui in Italia il regime fascista era saldamente al potere e non si intravedevano grandi possibilità di farlo crollare. L'orientamento politico di Di Tella era vicino al socialismo riformista e fu quindi naturale per lui avvicinarsi alla Concentrazione Antifascista guidata da Filippo Turati, uno dei più importanti leader del socialismo riformista. Turati, nel 1926, era fuggito dall'Italia e si era rifugiato in Francia dove risiedeva il grosso dell'emigrazione politica italiana, composta per lo più dai piccoli attivisti sindacali, dagli organizzatori delle sezioni socialiste e comuniste e dagli esponenti delle leghe operaie.

Il rapporto epistolare si compone di 16 lettere di Turati a Di Tella e di 9 di Di Tella a Turati. La prima missiva in nostro possesso risale al 15 novembre 1928, l'ultima è del 28 novembre 1931. Dall'esame del carteggio emergono alcuni punti

estremamente significativi. Il primo riguarda l'importanza decisiva che il contributo economico di Di Tella ebbe per la sopravvivenza della Concentrazione. Nell'arco di quattro anni l'industriale italo-argentino versò all'organizzazione antifascista un totale di 419 mila franchi. Andando ad analizzare le percentuali sul totale delle donazioni ricevute dalla Concentrazione

diventa ancora più evidente l'importanza dell'intervento economico di Di Tella.

Nel 1929 il contributo di Di Tella rappresentò il 21,1% del totale dei finanziamenti, nel 1929 il 29,7%, nel 1930 il 30,1%, nel 1931 il 49%. Calcolando quanto versato nell'arco del periodo 1928-31, le donazioni di Di Tella rappresentarono il 31,7% del totale. Se si tiene conto del fatto che il resto dei contributi ottenuti dalla Concentrazione arrivavano dai partiti socialisti europei, da circoli culturali e associazioni, dalle cooperative e dalle organizzazioni sindacali e da esponenti dell'antifascismo italiano ed europei, si capisce come il contributo di Di Tella fu ingente e decisivo per l'attività della Concentrazione.

Oltre all'aspetto economico, che sicuramente rappresenta il tema principale delle missive, vanno sottolineati alcuni riferimenti all'Italia fatti sia da Turati che da Di Tella che sono poi i punti da evidenziare. Prima va però specificato che il regime fascista assegnava a uomini come Turati e Di Tella la qualifica di anti-italiani; questo perché nel progetto totalitario fascista c'era l'obiettivo di avviare una rivoluzione antropologica che avrebbe dovuto portare alla costruzione dell'italiano nuovo.

L'uomo nuovo doveva essere interamente dedito al fascismo e incarnare le virtù virili, civili e militari tipiche del fascismo. In quest'ottica gli avversari politici erano considerati antropologicamente incompatibili con la nuova Italia ed erano associati ad esseri spregevoli che rinnegavano la patria e per questo andavano perseguitati. In realtà per gli antifascisti, soprattutto per i socialisti, la lotta che conducevano era diretta a restituire all'Italia l'onore perduto con l'affermarsi del fascismo, evidenziando in tal modo quanto fosse importante e sempre vivo l'elemento patriottico che li animava.

Di Tella si rivolge a Turati in una lettera del 10 giugno 1929: «Quando tutti i valori morali del nostro povero Paese sembrano cadere vergognosamente, vinti da un utilitarismo senza scrupoli, bisogna salvare almeno l'onore, ed a voi ed a tutti ed a tutti quelli che come Voi, nell'esilio trovano non una posizione più comoda ma un dovere più arduo, è riservato questo compito pesante».

Dal carteggio emerge quindi un senso civico e di appartenenza alla Patria che oggi dovrebbero essere d'esempio. Abbiamo da una parte un imprenditore che, anche quando è sull'orlo del collasso economico, continua a finanziare l'organizzazione politica in cui si riconosce pur nella mancanza di concrete e immediate possibilità di far crollare il regime e dall'altra un vecchio uomo politico che pur di testimoniare la sua avversione al fascismo e la fede nelle sue convinzioni politiche, fugge dall'Italia e sceglie di affrontare una vita piena di difficoltà.

Entrambi sono però accomunati dal sentirsi italiani e antifascisti. In conclusione voglio riprendere una citazione dalla lettera inviata da Turati a Di Tella il 21 gennaio 1929. Così il leader socialista si rivolge a Di Tella: «Quando il giorno verrà e verrà certamente - che potrete uscire dall’anonimo e potremo scrivere la storia di questi anni di passione, il vostro nome dovrà essere posto in ben chiara luce, per avere Voi di lontano - e senza alcun immediato interesse egoistico finanziato, quasi solo, e così efficacemente, il nostro modesto ma non inutile lavoro».


Achille Conti

 

Fonte: A. Conti, Torquato Di Tella e la sua idea di nazione, in «Voria», V:1, Capracotta, dicembre 2011.

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