Tra l'undicesimo e il dodicesimo secolo Capracotta era probabilmente costituita da piccoli centri abitati (casalini) distanti l'uno dall'altro, caratterizzati da una bassa demografia e dal fatto che i rispettivi territori erano soggetti alla volontà dei signori - carolingi prima, normanni poi - i quali, il più delle volte, li utilizzavano per ricompensare i propri generali o per ingraziarsi la Chiesa locale, il che rendeva questo ed altri territori del Meridione ostaggio del potere temporale di abati e/o conquistatori stranieri.
Macchia Strinata, Monteforte, Ospedaletto, Spinete, S. Croce, S. Giovanni Capraro, S. Maria Caprara, Vallesorda e Capracotta stessa, dunque, a quel tempo non erano che macchioline di case su un territorio aspro, scosceso, malagevole. In cambio di una piccola riserva di legna, l'esistenza di quegli sparuti abitanti era finalizzata a custodire il patrimonio armentizio dei padroni, a rendere produttiva la terra dei feudatari e a difendere i possedimenti dai briganti. Quest'ultimo obiettivo era assicurato dalla presenza, sul territorio dell'odierna Capracotta, di almeno tre torri di guardia, di cui sono sopravvissuti soltanto i ruderi.
La prima e più grande di queste torri si trovava sulla vetta di Monte S. Nicola, a 1.517 metri di altitudine, e trattasi di «una grande torre a pianta circolare realizzata sulle strutture di una precedente torre quadrata con lati di 7x7 metri». A mio avviso la grandezza di ognuna delle tre torri era proporzionale all'agglomerato feudale cui faceva capo. Nel caso di Monte S. Nicola, infatti, sappiamo che lì si trovava il centro più abitato e difatti, oltre all'edificio turrito, vi era una chiesa con pianta di 5x9 metri, decine di abitazioni civili ed un grande cimitero che ricalcava l'antico ustrinum romano. Dal punto di vista architettonico, invece, la caratteristica più sorprendente della torre di S. Nicola sta nei quattro conci angolari utilizzati dall'ingegnere del tempo per rendere cilindrica una preesistente torre a base quadrata, garantendo così una maggiore semplicità costruttiva, un minor costo e una più alta resistenza agli attacchi bellici.
La seconda torre, in ordine di grandezza e d'importanza, era quella dell'Ospedaletto, posizionata a 1.329 metri s.l.m. sul vertice di una montagnola che offre una panoramica a 360° non solo sul feudo dell'Ospedaletto ma anche sul passo montano da cui ha origine il fiume Trigno, tanto che si possono tenere sott'occhio i territori di S. Pietro Avellana e Rionero Sannitico, nonché il tratturo che di lì passava. Ai piedi della torre dell'Ospedaletto - che ha una pianta quadrata di 5,5 metri e sorge su precedenti costruzioni di epoca sannitica - è presente una tale quantità di pietrame da far pensare che lì sorgesse anche l'hospitale Rahele, ossia l'alloggio di viandanti e pellegrini che ha dato nome all'intera area. Bruno Sardella sostiene infatti che quel «colle fu rioccupato nel corso del Medioevo: si riconoscono infatti resti murari a delimitare più ambienti ed edifici e accumuli di pietrame formatisi a seguito dei crolli delle strutture».
Grazie a un sopralluogo effettuato in data 25 aprile 2023, ho scoperto, sul versante nord-occidentale al di sotto della base della torre, una fenditura verticale nella roccia nel cui cuore è stato artificialmente eretto un muretto che ne restringe la larghezza e che di fatto crea un passaggio che, dal fondo della grotta, immette in alto al centro dell'abitato, proprio nei pressi della torre di guardia. Non so dire se si tratta di un ingresso secondario alla torre o all'ospedale, né so dire l'epoca a cui risale: è certo però che si tratta di un muro a secco edificato dall'uomo in un luogo tutt'altro che agevole e che non ha nulla a che fare con l'agricoltura e l'allevamento.
L'ultima torre di guarda costruita dai Normanni sul territorio capracottese è situata sul vertice del Colle della Parchesana, a 1.357 metri s.l.m., in linea retta est-ovest con quella dell'Ospedaletto, di cui è sorella minore visto che la sua pianta quadrata non supera i 5 metri. Dalla torre della Parchesana si gode un'ampia visuale sulla piana di Monteforte e sul territorio di Vastogirardi, quindi sulla sella naturale che presiede il tratturello Castel del Giudice-Sprondasino. Il centro abitato a cui questa torre faceva capo era il più piccolo tra quelli menzionati, tanto che Giosa Menna pensa che la sua popolazione fosse formata nient'altro che dalle famiglie dei militari preposti al servizio di guardia.
I resti delle torri di guardia di Capracotta in epoca normanna, insomma, rappresentano il retaggio d'una struttura sociale basata sulla difesa, in cui al più piccolo insediamento umano e alla più risibile risorsa economica era assicurata la massima protezione dagli attacchi esterni. Il senso di visitare quei luoghi è quello di riscoprire la storia che sta dietro Capracotta, oggi stazione turistica, ieri avamposto militare.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Tip. Antoniana, Ferentino 1931;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;
B. Sardella, Il centro fortificato sannitico di Monte San Nicola e l'abitato fortificato medievale di Maccla, in «Voria», VI:1, Capracotta, agosto 2013;
B. Sardella, Archeologia di Agnone, Scienze e Lettere, Roma 2021.