Il territorio dell'Alto Molise, intercettando un ampio comprensorio di pascoli estivi, era ed è percorso ancora da diversi tratturi, bracci e tratturelli, definibili anche l'eredità dei Sanniti.
In particolare il tratturo Celano-Foggia attraversa i Comuni di San Pietro Avellana, Vastogirardi, Carovilli, Agnone, Pietrabbondante e Bagnoli del Trigno.
Il tratturo Lucera-Castel di Sangro percorre i Comuni di Carovilli e Pescolanciano.
Il tratturo Ateleta-Biferno interessa i Comuni di Castel del Giudice, S. Angelo del Pesco e Pescopennataro.
Tra i tratturelli si riscontrava il Castel del Giudice-Sprondascino (non reintegrato) che attraversava i Comuni di Castel del Giudice, Capracotta, Agnone, Poggio Sannita e Bagnoli del Trigno, nonché il Pescolanciano-Sprondascino (non reintegrato) tra il Comune di Pescolanciano e Bagnoli del Trigno.
Capracotta è il paese più alto del territorio molisano e va da sé che a quell'altitudine la migliore attività agricola possibile è la pastorizia che è stata ed è ancora oggi la più praticata.
Da un'antica documentazione, dai ricordi e dagli scritti di P. Trotta, intorno al 1600 il Comune di Capracotta risulta avere il più cospicuo numero di armenti.
I Duchi di questo paese erano anche i nobili tra i maggiori locatari, cioè fruitori delle locazioni della Dogana per la Mena delle Pecore.
La Madonna di Loreto era tra le più ricche proprietarie con punte di 20.000 capi ovini e una parte dei ricavi derivanti era riservata ai poveri della comunità.
Nel periodo tra il 1670 e il 1700 i capracottesi erano i primi venditori di lana alla fiera di Foggia. Sempre nel 1685 tra i primi 10 venditori di lana, al nono posto è presente Leone D'Andrea di Capracotta con 693 rubbi.
Capracotta fu anche una delle prime come numero di censuari (Falcone, Di Rienzo, Conti, Di Ciò, Castiglione, Campanelli e Cappella della Madonna di Loreto). Queste famiglie univano al benessere economico, una «certa distinzione sociale e grado di cultura».
Le locazioni di Canosa di Puglia accoglievano quasi tutti i pastori di Capracotta.
Nell'anno 1600 affrontarono la transumanza 27.500 pecore di locati capracottesi: considerando in media un addetto alla transumanza (butteri, pastori, massari e garzoni) ogni 100 pecore, a Capracotta circa 275 abitanti erano addetti alla pastorizia. Se a questi si aggiungono gli artigiani collegati alla pastorizia, come fabbri, funari, calderari, sarti, calzolai e bastai, la transumanza dava da vivere quasi all'intera popolazione.
Nel 1602 l'Università Agraria di Capracotta stipulò un accordo con i Priori di S. Maria del Carmine di Canosa per la sepoltura dei capracottesi addetti alla transumanza.
Nell'anno 1874 su iniziativa del sig. Filippo Ianiro fu fondata la Società di Mutuo Soccorso dei Pastori di Capracotta «al fine di stringere vincolo di fratellanza tra i pastori per la solidarietà materiale, intellettuale e morale». I pastori soci all'atto di sottoscrizione ammontavano a 151. Numero davvero considerevole!
Ma il mestiere di pastore, da solo, privo del connubio con il territorio, sarebbe esistito?
Si direbbe di no! Lo sviluppo dell'attività pastorale è avvenuto in quanto è esistito un forte rapporto animale-risorsa foraggera quale base per orientare l'utilizzazione con animali ovini. Il che ha comportato la valorizzazione delle potenzialità del territorio oltre a fornire prodotti caseari e carni qualificati e ben differenziati tra loro.
La monticazione estiva negli areali pascolativi di Capracotta, di M. Campo, M. Capraro, M. S. Nicola, Monteforte, la Cannavina, la Guardata ed altri, consentiva e consente tutt'oggi la produzione di formaggi e carni d'eccellenza.
Grazie all'aspetto agronomico, le caratteristiche pedoclimatiche e la componente floristica naturale dei pascoli montani si ottiene, nel periodo estivo, un'erba ricca di sostanze polifenoliche e carotenoidi che consente di ottenere un latte con rapporti più favorevoli per la salute umana. Gli acidi grassi saturi e insaturi e le diversità organolettiche di tutti i suoi derivati sono un plusvalore.
Da esperienza diretta, alcuni pastori capracottesi, sostenevano che quei pascoli locati dalle «essenze ricche e minute nelle sviluppo» facevano sì che nel giro di qualche settimana pecore "stressate" dopo l'inverno in Puglia, riprendevano in carne e salute.
E grazie al territorio, all'impegno dei gnostri antenati, oggi abbiamo prodotti tipici come il Pecorino PAT di Capracotta e altri latticini, eccellenti carni.
Inoltre la tradizione pastorale rivive nella festa della "Pezzata" (carne di pecora bollita con erbe aromatiche), che da oltre 50 anni si tiene in agosto nel pianoro di Prato Gentile e che col tempo è diventata una delle prime dieci sagre tipiche italiane.
Il nome "Pezzata" deriva dal fatto che lungo il cammino dei tratturi, qualche pecora, o per incidente o per altri giustificati motivi, venisse "depezzata" e cotta nel caldaio diventando quindi ricco piatto per i pastori.
Vincenzo Di Luozzo
Fonte: V. Di Luozzo, I tratturi, la transumanza e la loro storia, Capracotta 2017.