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Tratturi, paesi e rovine: una bellezza a lento rilascio


Franco Arminio

Prima la Puglia, e poi Matera, e adesso il Molise. Continua l'attenzione a un Sud che una volta era poco conosciuto. C'è da sperare che ora arrivi anche la Calabria. In Molise più che altrove si sente il silenzio di chi se n'è andato e quello di chi non è venuto. È una regione senza l'evidenziatore, colore chiaro, umore sincero, atteggiamento poco vanitoso. I molisani non sembrano scalpitare per dare notizie dei loro luoghi. Entrando in Molise sulla strada che collega Benevento a Campobasso compaiono le rovine romane di Sepino. Una piccola Pompei, ma senza file e senza pagare il biglietto. Parcheggi e a venti metri dalla strada sei dentro lo stupore. Un altro sito archeologico pregiato, ma in questo caso meno a portata di mano, è il teatro sannitico di Pietrabbondante. È davvero scandaloso che pochi italiani conoscono questo posto, ma in un certo senso è anche una fortuna. In Molise non vedi mai quella vernice omologante che il turismo fornisce ai luoghi. Il poeta Rimanelli pensa al Molise come alla «freccia d'oro che ho nell'addome». Lui, come tanti, ha vissuto fuori dalla sua terra. La gente è partita e continua a partire, ma i paesi ci sono ancora: Castel San Vincenzo, Capracotta, Fornelli, Roccamandolfi, Montemitro, Frosolone, Larino, Venafro, Agnone, Vastogirardi, Castelpetroso, Oratino, solo per citarne alcuni. Ci puoi andare per strade felicemente poco trafficate, ma li puoi raggiungere spesso anche dai tratturi, le antiche vie della transumanza, da poco riconosciute patrimonio Unesco. Si potrebbe dire: piccola regione, grandi paesi. E sì perché non esistono paesini. Un paese più è piccolo e più è grande. Questi paesi non si travestono da capolavoro, non vogliono stordirti con chissà quali attrazioni. Il Molise è una bellezza a lento rilascio, è la vitamina M.


Franco Arminio

 

Fonte: F. Arminio, Tratturi, paesi e rovine: una bellezza a lento rilascio, in «Corriere della Sera», Roma, 10 gennaio 2020.

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