Penso sovente
col pianto al cuore,
a quei saccheggi,
fuga e terrore,
nel mio paese,
a casa mia,
all'incredibile
gran ferocia
dell'uomo bestia.
Bestia di moda!
al quale manca
solo la coda...
Suonò la tromba,
passò la guerra,
scese il gran fulmine,
tremò la terra.
Fu il fuggi fuggi
degl'innocenti
mentre cadevano
le case ardenti...
Del ferocissimo
nemico in rotta
il primo martire
fu Capracotta...
Furiosa fiamma
ovunque ardeva...
tutto era strazio,
tutto piangeva!
Cambiate in bettole
s'eran le Chiese,
il Camposanto,
mentre in paese
si operava
la distruzione,
portando al massimo
la confusione.
Pietrame, mobili,
letti, stoviglie,
cenci fumanti
delle famiglie
rimaste povere,
senza speranza
del pronto aiuto
d'una finanza.
L'aria era scura,
fredda, pioveva.
Quell'acre fumo
si diffondeva
quasi a coprire
tante miserie
fra gli interstizi
delle macerie.
Restava il popolo
dalla paura
alla pazzia,
per la sventura
di quel Novembre:
Cinque giornate
senza riposo,
membra spezzate.
Scappò il nemico,
venne l'Inglese;
nuovo padrone,
nuove pretese!
Ordinò subito
lo sfollamento,
senz'ascoltare
nessun lamento.
Pochi restarono
come aiutanti
scelti a casaccio:
e gli altri, avanti!
Pronte le macchine
per il trasporto...
Pronto quel popolo
tra vivo e morto,
senza sapere
l'altra dimora,
scalzi e tremanti!
Chi mora mora...
L'audace stanco
di quei tormenti,
tentò la fuga,
lasciò i parenti,
mettendo a prova
fiato e coraggio;
andò a ramingo
di viaggio in viaggio...
Si ricontavano
spesso, in famiglia,
lungo i trasbordi
di molte miglia.
Ed al ritorno
da quella... gita
tutti trovarono...
Piazza pulita!
(novembre 1943)
Nicola D'Andrea
Fonte: N. D'Andrea, Le poesie di Nicola D'Andrea, Il Richiamo, Milano 1971.