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Il tritòno... la musica del diavolo!



Ascolta la pioggia di mandolino,

ascolta la musica sul lago.

Oh, ascolta il mio cuore spezzato...

[B. Hornsby]


Su ogni scala musicale può realizzarsi un accordo che viene ad essere composto da sei semitoni e quindi da tre toni: prendete un tasto del pianoforte e aggiungetene altri sei bianchi e neri in successione. Appunto il "tritòno"!

La sua caratteristica - e i musicisti mi perdoneranno la semplificazione - consiste nel fatto che risulta essere molto difficile da intonare per i cantanti e particolarmente "instabile" all'orecchio. Necessita di una pronta "risoluzione" a salire o scendere perché può essere considerato una "quarta aumentata" (nella scala di do maggiore: do-fa diesis ), o una "quinta diminuita" (do-sol bemolle).

Questa caratteristica risuonava alle orecchie dei nostri antichi molto sgradevole! Nel Medioevo ne veniva sconsigliato l'uso perché ritenuto evocativo del demonio e non solo per il suono ma anche perché la ripetizione per tre volte del tritòno, quindi tre volte le sei note, generava il numero della bestia: il 666, con tutte le implicazioni simboliche del caso. Si racconta anche di bolle vescovili o papali di divieto, orientate in tal senso.

Venne e viene molto impiegato nella musica horror ma lo usava anche Liszt per le scene riservate al diavolo (Dante). Detto fra noi, ricorre moltissimo anche nelle composizioni dei Black Sabbath, anche se questi negano il simbolismo pur confermandone l'uso per l'effetto che ne deriva.

Guardate un po': è la nota emessa dalle sirene delle forze dell'ordine e delle ambulanze con lo scopo di richiamare con forza l'attenzione.

La capacità evocativa della musica è sempre stata ritenuta importantissima in qualsiasi epoca: va evidenziato che il nervo acustico, come l'olfattivo, è strettamente connesso con le parti più profonde e primordiali del nostro cervello e quindi un suono, al pari di un profumo, ci porta a ricordare eventi e sensazioni sopite da tempo.

Posso aggiungere che l'udito è ancor più preciso della vista: la mescolanza di tutti i colori della luce genera il bianco ma, ascoltando per esempio un'orchestra, possiamo distinguere le varie note e riconoscere i singoli strumenti ed eventualmente l'orchestrale che prende la "stecca"! Gli antichi musicisti parlavano pertanto di «muovere ad affetto».


Lo spartito del diavolo nel Principato di Lucedio.

Altra curiosità tra le tante sta nello "spartito del diavolo" di Lucedio, un brano "a canone" dipinto sulla parete di una finta cantoria in un'abbazia abbandonata in provincia di Vercelli. Si dice che suonare il brano in un senso possa richiamare le potenze oscure mentre eseguendolo al contrario si ottiene un effetto di protezione dal maligno o di scacciarlo quando evocato. Non conoscendo il giusto verso, ho evitato qualsiasi esecuzione...

In realtà la definizione di diabolus in musica d'origine medievale, attribuita a Iacopone da Todi, e da cui poi si è costruito il tutto, serviva ad esaltare la durezza di questo suono e l'incertezza dell'ascoltatore che rimaneva in attesa della risoluzione. Di conseguenza per il compositore un'ammonizione a risolverlo o, meglio, ad evitarlo visto anche il diverso modo dell'epoca di accordare gli strumenti e di concepire la geometria armonica.

Lo volete intonare? Pensate a Bernstein in "West Side story" e, cosa non facile, cantate "Marìììa" soffermandovi sulle "ì"... cercando di non eseguire la "a". Non so se vedrete le fiamme e sentirete la puzza di zolfo ma sicuramente dopo poco ed istintivamente eseguirete la risoluzione per non restare "appesi"!

 

P.S.: Grazie alla prof.ssa Susanna Quagliariello che, con un suo articolo, mi ha fornito mezzi più idonei per una migliore spiegazione e comprensione dell'argomento.


Francesco Di Nardo

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