C'è un turismo del ritorno, fa numeri che non si erano mai visti prima. È il turismo dell'identità, anche della nostalgia. È un fenomeno molto italiano, di italiani all'estero o italo-discendenti che fanno vacanza nei luoghi della loro infanzia. Sono andati a vivere a Montpellier e Vancouver. A Rio, a Sydney. Hanno trovato lavoro in città spesso belle e che, spesso, funzionano meglio delle nostre. Ma ogni anno - ogni santo anno, a volte anche due volte l'anno - rientrano in Italia. Da papà e mamma, se ci sono ancora. Al paesino.
Capracotta in provincia di Isernia, per esempio, per tre stagioni l'anno fa 871 abitanti e in estate arriva a 2.700. La differenza la fanno i turisti di ritorno. Molti italiani sono migranti recenti perché la crisi iniziata nel 2007-2008 ha riempito di nuovo le ambasciate di "richiedenti visti per l'estero".
Negli ultimi vent'anni, poi - complice la diffusione dei voli low cost -, il fenomeno si è irrobustito. Stratificato.
L'Enit, che è l'Agenzia nazionale del turismo e monitora i passaggi di visitatori nel nostro Paese, conta un mercato potenziale di 80 milioni di "italiani". Venticinque milioni di "italiani" dal Brasile, venti milioni dall'Argentina. Diciassette milioni dagli Stati Uniti. Ecco, dal continente americano nel 2017 si sono contati arrivi consolidati di 670 mila persone l'anno. Rappresentano il dieci per cento di tutti i turisti di quell'ampia area.
Come si vede, il coming back visitor è una nicchia, ma d'altro canto il turismo contemporaneo vive di specializzazioni sempre più raffinate: il turismo congressuale, il turismo sportivo e quello estremo, il cineturismo. Ecco, ora bisogna prendere in considerazione e lavorare sul "turismo del ritorno". «Crescerà esponenzialmente nel breve periodo», dice Gianni Bastianelli, direttore esecutivo di Enit.
Il giro d'affari del turismo del ritorno dall'intero continente americano vale 650 milioni di euro. La fonte è un lavoro di Banca d'Italia. Gli Stati Uniti pesano per 434 milioni, la stessa voce applicata al Canada vale 86 milioni, l'Argentina 75 milioni, il Brasile 49 milioni. Guardando alle statistiche sui flussi turistici verso l'Italia da parte di nazioni di lungo raggio che sono state storicamente meta di emigrati italiani, l'Italia è al primo posto per pernottamenti tra i Paesi appartenenti all'area Schengen. In generale l'Enit dice che da quegli aeroporti il turismo organizzato verso l'Italia quest'estate è in crescita: tra l'8 e il 20 per cento dagli Usa, tra il 5 e il 32 per cento dal Brasile. Tra il 10 e il 15 per cento dall'Argentina. Un'aliquota interessante dipende dal "ritorno".
I rientri naturali raggiungono, nell'ordine, il Veneto, la Campania, la Sicilia, la Puglia, la Calabria, la Lombardia, il Lazio e il Molise. «Gli italiani residenti all'estero – ancora Bastianelli – sono i primi ambasciatori del brand Italia presso potenziali nuovi turisti in ingresso. Negli italo-discendenti vive la tradizione del nostro Paese come un luogo turisticamente attrattivo insieme alle diverse dimensioni culturali dell'italian way of life». Il turismo può trasformarsi in imprenditoria del ritorno, investimento nei Paesi d'origine, ripopolamento di borghi con numeri residuali di abitanti. La Regione Abruzzo lo ha compreso e sta portando avanti un progetto con i comuni che governa: potranno realizzare piani di ristrutturazione nei centri storici abbandonati per favorire emigranti-investitori di ritorno laddove i proprietari delle case non siano interessati al manufatto. «Gli italiani all'estero, se sono partiti poveri, molte volte sono diventati abbienti e possono aver voglia di far crescere il Paese d'origine».
Corrado Zunino
Fonte: C. Zunino, Il turismo delle radici. Così gli italiani all'estero riscoprono il nostro Paese, in «La Repubblica», Roma, 30 luglio 2018.