La musica popolare ha messo spesso al centro delle canzoni le fontane, non quelle preziose e monumentali dell'arte barocca, ma quelle piccole e sconosciute ai più, quelle che troviamo lungo i sentieri di campagna, nei boschi, lungo i tratturi, nelle piazze dei paesini, tutti luoghi di transito, di incontri, di amori, di conoscenze e, perché no, anche di giochi. Il territorio dell'Alto Sannio è ricco di sorgenti, fontanelle, piloni, conche, laghetti e ruscelli. Acque limpide che sgorgano dalla montagna e invitano il viandante a sostare per dissetarsi, mentre si riposa e mangia il suo pezzo di pane tirato fuori dalla bisaccia. È stanco e il rumore dolce dell'acqua che sgorga lo invita a chiudere gli occhi e a riposare le membra stanche.
Va l'innamorata ad attingere il prezioso liquido con la tina in testa; lei sa che lì, poco discosto, sta il giovanotto che la osserva incantato lanciandole timidi messaggi d'amore. Piena di vergogna, la giovanetta lo ricambia con sguardo schivo e con gli occhi bassi, col viso rosso per l'emozione, con le mani tremanti. Il messaggio è stato colto, perché l'amore non ha bisogno di grandi discorsi.
Vanno le donne a far provvista di acqua per la casa, si mettono in fila e aspettano pazientemente il loro turno. Nel frattempo chiacchierano, raccontano fatti, fanno un po' di pettegolezzo diffondendo e appurando notizie che poi, a casa, possono raccontare dicendo: "Lo dicevano alla fontana". È per tutti un vero e proprio giornale radio casereccio. Non sempre tra le signore regna l'armonia; spesso scoppiano liti furibonde con grida, insulti, schiaffi e tirate di capelli. Le altre fanno del loro meglio per sedare la "battaglia", prendendosi spesso anche loro qualche spintone.
Va il contadino ad abbeverare l'asino, le mucche o le poche pecorelle, più la capretta, nel pilone vicino e anche lui approfitta per dissetarsi. È fresca, limpida, chiara l'acqua della fontanella che distribuisce l'oro vitale a tutti.
Un precetto morale e religioso dice: "Dar da bere agli assetati". Ecco, anche a questo provvede la fontana: nei pomeriggi assolati e caldi è un piacere chinare la testa e affondare la bocca sotto lo scroscio dell'acqua pura e cristallina. Anche i pastori di D'Annunzio si dissetavano a lungo alle fonti alpestri prima di incamminarsi lungo i tratturi erbosi che li avrebbero portati in Puglia; il sapore di quell'acqua li avrebbe confortati a lungo nel ricordo della casa, della famiglia e della terra natia. E i bambini? Si rincorrevano e si spruzzavano gridando e ridendo; poi a casa, bagnati e stanchi, avrebbero avuto il resto.
Tutto questo erano le fontane, centro di vita della comunità, luogo di conoscenze e di svago, nonché di fatica per le donne la cui immagine, ritta e fiera con la mano sul fianco e il recipiente in testa, è diventata ormai un'icona da cartolina illustrata da mostrare come simbolo di un'altra epoca e di un'altra civiltà.
Il nostro territorio è ricco di fontane più grandi e più piccole, situate in punti strategici, lungo i sentieri di montagna, o lungo i pendii boscosi, vera miniera di ricchezza per quei pochi appassionati che ancora salgono sulle montagne nostrane per fare passeggiate, amanti come sono delle alture e dell'aria pura.
Quasi tutte nascono dai due baluardi che circondano Capracotta: Monte Campo e Monte Capraro, da un versante all'altro. I nomi sono anche fantasiosi e poetici: Fonte del Duca, dove fu trovata la Tavola Osca; Fonte della Gallina, tra Prato Gentile e Pescopennataro; Fonte dell'Orso e Fonte del Cippo, tra Capracotta e Agnone; le Fonticelle, sulla strada per Staffoli; Santa Lucia, ai piedi di Monte Campo; il Cumminice, appena fuori del borgo.
Sulla strada boscosa che va da Capracotta a San Pietro Avellana spicca la Fonte di Don Salvatore, vera riserva di acqua scrosciante che nasce alle falde posteriori di Monte Capraro. È un semplice "tubo" che esce dalla montagna sulla strada e porta sempre acqua in grande quantità. D'estate, quando le altre fonti si assottigliano, Don Salvatore è sempre generoso e eroga acqua fresca e e abbondante. Non tutte sono così: alcune, infatti, perdono anche l'ultimo filo, mentre schizzano acqua copiosa durante lo scioglimento delle nevi.
Le fontane più famose del nostro territorio si trovano a Rio Verde e a Montecastelbarone, luoghi di frescura e di alta montagna. La prima, in territorio di Pescopennataro, sgorga dalle falde di Monte Campo, dalla parte opposta di Capracotta. Acqua limpida, freschissima, leggera, rende la località meta di gitanti festosi nel periodo più caldo dell'anno. Tavoli per picnic, altalene per i piccoli, barbecue per cucinare l'arrosto, cocomeri e vino al fresco nella polla. È tutto un fervore di giochi, di cucina, di inviti, di risate. E mentre nell'aria si spande l'odore e il fumo dell'arrosto di agnello, i palati già pregustano le pietanze genuine e caserecce. I bicchieri vanno e vengono, i brindisi e gli inviti si intrecciano. Poi i pranzi sono pronti, l'appetito si fa sentire, alimentato dall'aria fresca di montagna; tutti prendono posto e le allegre brigate cominciano i pasti: ogni cibo è buono e squisito. In breve tempo le portate vengono consumate, si fa il bis di pasta e di tutto il resto.
La stessa routine si segue a Montecastelbarone. L'abetaia è così fitta che sembra quasi di essere al buio, nel folto di una foresta, con acqua freschissima che scende dalle falde di Monte S. Onofrio. Sono i luoghi cari della mia infanzia e adolescenza, quando bastava una gita in famiglia per procurarsi il piacere della scampagnata e dei giochi all'aria aperta. L'acqua che sgorgava e scendeva dalle cannelle spandeva tutt'intorno allegria e frescura.
E qui mi sia permesso di fare un inciso personale. L'ultima volta in cui sono stata lì, in quel luogo magico, è stato nell'agosto del 1964. Mi ero sposata da pochi mesi e da Capracotta raggiunsi la mia famiglia che, con altri parenti, era lì per la tipica scampagnata estiva. Incontri, saluti, fotografie, abbracci, chiacchiere, buon cibo. Poi la giornata, tra giochi e bevute, si concluse; furono raccolti tegami, piatti, bicchieri e così, tutti fila nelle macchine, percorremmo il tratto di strada che porta sulla provinciale. E qui, io e mio marito ci dirigemmo verso Capracotta, tutti gli altri andarono verso Agnone. A questo punto mi resi conto che il cordone ombelicale col mio mondo precedente si era reciso; ebbi un attimo di scoramento e di nostalgia, allora piansi.
A Capracotta c'è una fontana, la Fonte del Brecciaio, da cui sgorga un'acqua limpidissima. Dicono che sia miracolosa, fresca e pura e che faccia bene perché leggerissima. Per questo motivo, in un passato non molto remoto, è sempre stata meta di gite e di passeggiate pomeridiane delle signore, le quali vi si recavano per diporto e per bere l'acqua che sgorga tra grossi sassi, ai piedi di Monte Campo. Si raggiunge la località per un sentiero appena più su del campo sportivo. Si andava, ci si sedeva sulle pietre, si parlava, si rideva, si stava attenti alle vipere che potevano annidarsi fra i massi. Si riempiva la bottiglia da portare a casa e, quando il sole tramontava e la montagna si tingeva di rosa come le Dolomiti, le donne tornavano a casa, scendendo per lo stesso sentiero già percorso cantando canzoni popolari.
I ragazzi e le ragazze andavano con la merenda, si sedevano e consumavano quasi con religiosità quello che la mamma aveva messo nel sacchettino. Il gioco del nascondino era più facile tra le pietre. Poi la gita terminava, tutti a casa ridendo e saltellando. Oggi non penso che queste gite siano ancora di moda, altri sono gli svaghi: il pallone, il telefonino, lo sport e, marginalmente, anche i compiti. La fontana, però, è sempre lì a rammentarci il suo passato glorioso.
Sempre a Capracotta, in fondo a piazza Falconi, c'è una fontana moderna, fatta costruire, non molti anni fa, da uomini e donne che, al tempo, avevano compiuto 50 anni. Addossata a un muro, la fontanella getta acqua in una specie di laghetto anteriore. D'inverno la neve copiosa la ricopre per lunghi periodi, ma, passandoci accanto, è possibile sentire il gorgoglio dell'acqua che scorre sotto la coltre bianca. Sembra quasi una voce, un richiamo per la gente che sfida la tormenta.
Al mio paese, Agnone, c’è la fontana del Plebiscito, al centro della piazza omonima. Di forma quadrata, ma smussata negli angoli con delle piccole insenature, ha quattro cannelle da cui sgorga acqua pura. La fontana è elegante e raffinata nelle sue linee, in una piazza bella e vivace. Al centro c'è una scultura che, sulla sommità, porta un largo piatto di metallo brunito che raccoglie lo zampillo. Tutto l'insieme è armonico e ricercato e ha la forma di un'anfora sottile e slanciata.
Oggi nessuno più va ad attingere il prezioso liquido con la tina in testa, ma un tempo il flusso era continuo; al ricordo sembra quasi di vedere le donne col costume paesano che vanno e vengono per approvvigionarsi. C'è una cartolina illustrata a colori della piazza che dà l'idea di come era un tempo: la ragazza giovane e snella che porta la tina in testa, sta ritta sotto il peso, guarda davanti a sé con occhio fiero e compiaciuto. Spiccano i colori del costume, il corpetto scuro sulla camicetta bianca, il fazzoletto a coprire il capo, il grembiule arricchito con le trine.
Altra fontana storica di Agnone è la Fonte Rosa che nei miei ricordi era collocata nella salita alle spalle del monumento a Libero Serafini, da cui il nome Costa la Fonte dato a quel tratto di strada. Luogo di giochi e di divertimento, noi ragazzi mettevamo le mani sotto le cannelle o nel pilone e sguazzavamo nel fresco della vasca, mettendoci da parte quando la donna veniva a riempire i recipienti o l'uomo ad abbeverare il mulo. Quando il comune intervenne per aggiustare la strada, la fontana fu spostata davanti alla vecchia chiesa dei Cappuccini, ma non perse la prerogativa di essere punto di riferimento di adulti e bambini. Oggi la stessa, ridotta nelle sue dimensioni e abbandonata a sé stessa, si trova in fondo a piazza del Popolo. Non ha più le cannelle di una volta e la portata d’acqua è ridotta, ma il fascino del piccolo monumento è sempre quello, almeno nei miei ricordi.
Anche a largo Marsala un tempo c'era una modesta fontanella che ora non c'è più, molto somigliante all'altra collocata in largo Sabelli, dove si faceva il mercato. Esse serviva ai conducenti di muli e asini che risalivano da sotto la Ripa, mentre la seconda ai frequentatori del mercato: i venditori di frutta, la clientela dei banchi, le donnette che vendevano i prodotti dell'orto.
Oggi le fontane pubbliche non servono più tanto; i rubinetti delle cucine, delle docce, degli scantinati erogano acqua a volontà, la tina è scomparsa dagli arredi casalinghi e le pompe innaffiano orti e giardini con dovizia. Il progresso è anche questo.
Maria Delli Quadri
Fonte: https://www.altosannio.it/, 17 ottobre 2013.