Monsignor Falconi era nato a Capracotta, provincia di Isernia in Molise, nel 1810. Era laureato in utroque iure (diritto civile e canonico) e in Sacra Teologia. Nel 1848 fu nominato da Pio IX vescovo di Acquaviva delle Fonti e Altamura.
Nell'elogio funebre di Ferdinando II, fatto da Mons. Falconi, si mette in risalto la "nuova" politica economica dei Borbone nei più svariati campi della tessitura, della fonderia, della ceramica ecc., settori economici che ebbero grandi riconoscimenti nelle nazioni straniere, l'amore per le belle arti, realizzato chiamando nel Regno le persone più qualificate del mondo scientifico, accademico e artistico, le calorose ed entusiastiche accoglienze riservate alle visite del Re, la venerazione della Vergine Maria quale Patrona principale del Regno (Ferdinando II fece erigere a Roma in piazza di Spagna la colonna dell’Immacolata), ma vien posto in rilievo anche il clima di assedio culturale che il Regno delle Due Sicilie venne a vivere nel resto d'Europa ed il suo progressivo isolamento.
Giova riportare la seguente frase, con cui l'autore Luciano Rotolo chiude questa interessantissima indagine storica: «Ancora una volta dedichiamo questo volume sia a coloro che ieri, come Mons. Falconi, non divennero squallidi doppiogiochisti o gattopardeschi cambia casacche, sia a coloro che, ancor oggi, testimoniano con coraggio la fedeltà ai propri ideali sprezzanti delle possibili conseguenze».
Monsignor Falconi morì nel 1862, a 52 anni. Oggi, una strada nei pressi della Cattedrale di Altamura porta il suo nome «come ricordo e testimonianza di un vescovo che amò la sua diocesi pugliese, al punto da morirne di nostalgia».
Raffaele De Cesare, noto scrittore nato a Spinazzola, lo ricorda in diverse pagine della sua corposa opera "La fine di un regno", e lo storico Rocco Biondi di Villa Castelli (BR) così scrive, recensendo l'ottimo studio di Luciano Rotolo: «Nel 1861 il Governo invasore piemontese colpì con violente misure repressive i cinquantaquattro Vescovi delle diocesi dell'ex Regno delle Due Sicilie. Solo undici si salvarono da questa ignobile operazione, perché salirono sul carro dei piemontesi. Gli altri quarantatré, che erano rimasti fedeli all'ex Regno, o furono arrestati o costretti a fuggire».
Carlo De Luca
Fonte: C. De Luca, Il rivolgimento del 1860, Paginaria, Polignano a Mare 2019.