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L'uomo che ascoltava le 500


Stefano Panzarasa
Stefano Panzarasa nella sua inseparabile Fiat 500.

Di gente stramba ce n'è tanta a questo mondo... E di storie incredibili anche.

Come quella che successe a Stefano in viaggio da Roma a Capracotta, dove era stato invitato dall'associazione "Vivere con cura" per cantare le poesie e le filastrocche ecopacifiste di Gianni Rodari. Con lui c'era anche Mariagrazia, che doveva invece tenere un seminario sulla cucina vegetariana vegan. Cioè non solo niente carne ma neanche derivati da animali, tipo latte, formaggi etc..., un tipo di dieta radicale legata a una filosofia di vita che lei chiamava ecozoica.

Già questo fa capire che si trattava di una situazione per niente normale.

Insomma, partono da Roma con la loro vecchia amata 500 carica di bagagli e attrezzature e invece dell'autostrada - troppo grande e pericolosa - prendono la Casilina in direzione di Cassino, prevedendo almeno sei-sette ore di viaggio. È una bella giornata, e tutto fila liscio fino a quando non cominciano a sentire un rumore sospetto insinuarsi nel battito regolare dei due piccoli pistoni che da oltre quarant'anni non avevano mai dato problemi. Stefano non è il tipo da allarmarsi più di tanto e si limita a rallentare per capire meglio di che si tratta. Mariagrazia si fida ciecamente di lui e pensa ad altro, osservando placidamente il lento panorama che le si presenta intorno, le rustiche colline della Ciociaria, verdi e solitarie, ben lontane dallo stressante caos della vita cittadina dal quale finalmente stanno scappando. È un'occasione da non perdere, questa, visto che sono stati invitati da Antonio a tenere dei corsi alternativi in questo paesino di montagna, dal nome del tutto particolare, reso famoso un tempo da un vecchio film di Alberto Sordi e da alcuni passi di "Addio alle armi" di Ernest Hemingway. Lì sarebbero stati ospiti in una casa insieme ad altri amici e avrebbero ricevuto anche un piccolo compenso, proporzionato al numero degli iscritti.

– Comunque, in ogni caso, ci faremo una bella vacanza! – aveva detto soddisfatto e incuriosito Stefano.

Si erano attrezzati di tutto punto, lui con i suoi libri e DVD animati, lei con le sue ricette e gli ingredienti necessari. Ed erano partiti.

– Così andiamo con Ciumachella, l'amata 500, stracarica di bagagli, la chitarra, la valigia con le attrezzature per creare una piccola ludoteca nel parco pubblico di Capracotta e anche il nostro gattino – mi raccontava Stefano, dopo averlo appena conosciuto nel bel mezzo di un agosto infuocato a casa di mia cugina Silvana. – Qualcosa la riportiamo anche a casa perché proprio non c'entra più... Dopo un centinaio di chilometri, però, il rumore aumenta, da cigolio si trasforma in clangore metallico che preannuncia tragicamente la prossima fine. Poi, d'improvviso, come un audio interrotto, il silenzio della morte! Niente più motore. Solo la solitudine ovattata della campagna intorno a Ceccano.

La storia si faceva sempre più interessante, anche perché mi spiegò che la scelta di andare in 500 era dovuta al fatto che pochi giorni prima gli avevano addirittura bruciato il camper.

– Probabilmente – continuò – come atto intimidatorio per le mie attività in favore della protezione della natura nel Parco dei Monti Lucretili dove lavoro come resaponsabile dell'Ufficio educazione ambientale, ma chi se ne frega, anzi, mi è sembrato quasi un vero omaggio al mio impegno e poi il povero camper era ormai tanto vecchio... E allora abbiamo deciso di risistemare la vecchia, piccola 500 di Mariagrazia, Ciumachella, come la chiama lei.

Noi stavamo lì ad ascoltare, rapiti dal suo eloquio, enumerando mentalmente i già tanti fatti straordinari di quella pazza vicenda: Capracotta? Gianni Rodari? Cucina vegana? Camper incendiati e 500 imballate? Dove saremmo andati a finire?

 

Ed è anche peggio, sul bordo della strada solo rifiuti e dall'altra parte camion, TIR e automobili che vanno fragorosamente a tutta velocità... E la macchina che non parte più...

– Ecco una di quelle situazioni che uno si chiede con orrore - a casa - se mai possano capitare; un incubo che ora è tutto per noi. È passata l'una e siamo in mezzo alla campagna a 100 km. da casa e 150 da Capracotta... Che fare?

Stefano cerca di restare calmo - ma è una sua qualità caratteristica - e si attacca al cellulare e telefona a mezzo mondo - meno male che qualche volta la tecnologia serve a qualcosa! - e dopo un'ora e dopo aver tragicamente consumato tutto il credito residuo, trova finalmente uno straccio di soluzione: il suo amico meccanico di Moricone, secondo cui il guasto potrebbe essere ahimè molto grave, verrebbe a caricarsi la macchina col carro attrezzi e contemporaneamente da Capracotta li verranno a prendere in qualche modo, salvandoli dall'increscioso imbarazzo.

– Evidentemente ci vogliono molto bene – dice Stefano con un sospiro di sollievo – e non vogliono rinunciare a noi...

Il tempo in fondo è bello, qualche leggera nuvoletta passa qua e là per il cielo pulito e tutto sembra rimettersi per il verso giusto. La situazione è veramente surreale. Perfino il gattino se ne sta tutto tranquillo accucciato nel sedile posteriore tra bagagli e buste di verdure biologiche e Mariagrazia si mangia tranquillamente e con grande gusto il suo panino vegano che si era preparata con tanta cura...

– Come ci riusciva in questa situazione non lo so, ma a vederla sembrava proprio che stava in estasi, beata lei, a me era ormai passata la fame!

Anche lui però pian piano si calma. In fondo la situazione è tornata sotto controllo e tutta la vicenda, anche se faticosamente, avviata ormai a una qualche conclusione.

Ma la cosa purtroppo era destinata a non finire lì...

Il gattino dormiva, Mariagrazia mangiava e Stefano se ne stava finalmente pigramente appoggiato al cofano dell'amata a tranquillizzarsi mente e spirito al caldo sole di quella strana estate, quando all'improvviso arriva un pullman che si ferma sferragliante in panne.

– L'autista scende, guarda un po' le cose sue e fa due o tre telefonate. Poi si accorge di noi, è gentile e decide che ci vuole aiutare. Io lo ringrazio ma gli dico che ormai non ce n'è più bisogno perché abbiamo già risolto tutto, ma lui insiste e si china a guardare il motore.

I motori: strane ed involute forme articolate di metalli diversi assemblati tra loro in assetti misteriosi che in pochi capiscono, tranne i meccanici, gli autisti di pullman e gli appassionati che fanno dell'ars mecanica un punto fermo della loro esistenza. Stefano, nonostante la sua curiosità verso ogni forma di vita, non era tra questi. E si affidò umilmente al nuovo amico incontrato per strada.

Quello guardò e riguardò e gli indicò un'officina poco più lontano, a circa mezzo chilometro indietro rispetto a dove si erano fermati, e insistendo gli consigliò di andare. È un suo amico, è bravo, perché non provarci?

Lui lo ringraziò, pensando che forse avrebbe anche potuto giocare questa carta, anche se Mariagrazia forse avrebbe preferito aspettare al sole che arrivassero carro-attrezzi e amici di Capracotta, e provò a mettere in moto la macchina. Che incredibilmente in qualche modo riuscì ad accendersi e muovendosi a balzi e singulti riuscì pateticamente ad arrivare all'officina, dove un uomo indaffarato con la testa praticamente infilata dentro al cofano di una Renault di sbieco e senza particolare cortesia.

– E adesso? In che impiccio andremo a metterci ora che invece avevo tutto risolto? – pensò guardandosi intorno dopo essere sceso e aver sbattuto lo sportello.

Ma il tizio, con aria non troppo ospitale, gli disse che non aveva tempo, era troppo occupato, aveva due tre lavori da consegnare urgentemente, ma...

– A occhio e croce potrebbero in fondo essere solo le puntine... Un chilometro più in là c'è un elettrauto. Forse lui potrebbe risolvere il problema.

– Cazzo, ma chi me l'ha fatto fare? – pensò sconsolato e sudato Stefano.

Ma ormai il gioco era quello e tanto valeva provarci ancora per un po'. In fondo se erano solo le puntine...

Ripartirono sbuffando, rimbalzando e tichettando e diolosacome giunsero all'elettrauto ripassando davanti al pullman fermo senza neanche avere i8l tempo di dire all'autista che nel frattempo stava in attesa dei tecnici dell'autolinea dov'erano diretti.

Stefano era completamente bagnato di sudore, ma l'officine era grande e per fortuna piena di gente, e un ragazzo gentile, dopo aver dato un'occhiata al motore, si girò verso lui con fare misterioso e disse:

– Laggiù c'è mio padre che ascolta le 500. Se c'è una speranza, solo lui potrà fare qualcosa.

Ora, chi non ricorda quel film "L'uomo che sussurrava ai cavalli" con Robert Redford e tutte le storie sul sesto senso e i sentimenti incrociati di quell'ovattato mondo hollywoodiano?

Ma questa cosa di qualcuno che ascolta le 500 Stefano, con tutta la buona volontà di uno che di vita ne ha vissuta tanta, non se la sarebbe mai nemmeno immaginata.

E invece eccolo arrivare: è uno strano vecchietto e gira su una carrozzina elettrica.

– Mi guarda un po' sospettoso e non sembra granché desideroso di darmi una mano – mi racconta quando ormai siamo al dolce, vegano anch'esso e dunque senza uova, e abbiamo bevuto invece un bel po' di buon vino rosso. – Ma quando gli racconto che lavoro con le persone con disabilità e le porto pure in cima alle montagne con una speciale carriola robustissima con ruota da trekking chiamata Joëlette... Cambia all'improvviso atteggiamento e si mette al lavoro.

E infatti si avvicinò alla 500 e sporgendosi fin quasi dentro al cofano motore cominciò a guardare, armeggiare, smontare e rimontare, parlando a bassa voce tra sé e sé come un uomo di medicina dei Sioux Dakota, e infine si fermò e disse:

– Adesso provate a farne un giro!

Stefano obbedì senza fiatare e fece un paio di km. verso Roma e ritorno, e sembrava proprio che finalmente tutto era tornato a posto, anche se non ancora perfettamente. Passò davanti all'officine a tutta velocità, si fa per dire, fece un altro chilometro e poi tornò nuovamente indietro...

Il vecchietto gli disse che aveva sentito che il motore ancora non andava, e rismontò ancora una volta due o tre parti e infine sentenziò che bisogna cambiare le puntine, altrimenti non sarebbero arrivati mai a Capracotta e allora... Se ne andò, mentre loro sempre più inebetiti stavano ad aspettare, e dopo qualche minuto tornò seduto su un apetto.

– Saluta, come se niente fosse, e riparte. Ma come aveva fatto a passare dalla carrozzina all'apetto?

Passato un quarto d'ora riapparve quasi dal nulla, nuovamente in carrozzina, e si rimise borbottando a rismontare e rimontare tutto, cambiò le puntine, provò e riprovò e poi sentenziò che la macchina era perfetta e potevano andare tranquilli...

– Prima di salutarmi mi chiese che lavoro facevo e io gli risposi che lavoravo con i bambini e le bambine, cantavo Gianni Rodari ecopacifista e in particolar modo0 la canzone dell'Orecchio Verde, un orecchio bambino capace di ascoltare le voci della natura, i sassi, le nuvole, gli alberi... Un po' come il suo di orecchio che ascoltava le piccole 500... E allora facemmo proprio amicizia...

E così, finalmente, ormai verso sera, Stefano, Mariagrazia e il gatto Cirino ripartirono serenamente destinazione Capracotta.

 

Silvana ed io rimanemmo a dir poco incantati da tutta quella inverosimile vicenda.

E poi, come ce la veniva raccontando Stefano, con quel suo fare scanzonato e allo stesso tempo preciso fin nei minimi particolari, mentre Mariagrazia guardava lui e noi dal suo mondo pacifista e vegano al di là del tempo e dei nostri affanni quotidiani! Due tipi in gamba, vi assicuro, e certamente fuori dall'ordinario.

Come ben fuori da ogni pur fervida fantasia è l'immagine - che ancora mi si presenta vivida nella memoria, come se anch'io fossi stato lì a condividere tutta quella matta avventura - dell'anziano meccanico in carrozzella, burbero e sapiente, che aveva il raro dono di ascoltare le 500.


Francesco Paolo Tanzj

 

Fonte: F. P. Tanzj, L'uomo che ascoltava le 500. Tredici racconti e un'invettiva, Tracce, Pescara 2014.

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