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Il vecchio organista


Francesco Di Nardo
Francesco Di Nardo durante uno dei suoi saggi-conferenza.

Era la Vigilia di Natale... chissà perche quasi tutte le storie romantiche o sentimentali prendono spunto dalle ultime ore del 24 dicembre, ma la nostra storia per avere un tocco delicato deve cominciare proprio da lì... per cui: era la Vigilia di Natale.

Nel rossore del tramonto che si rifletteva sulla neve, dalla valle si potevano osservare accendersi le luci del borgo montano, come spuntato per caso dalla foresta e disteso sulla rupe a cercare una vana rincorsa verso il sole che scendeva. Nella grande Chiesa Madre tutto era pronto per la Messa di Mezzanotte e in tutte le abitazioni fervevano i preparativi per la cena prima di recarsi alla Santa Funzione.

La Messa della Mezzanotte era particolarmente sentita da quella Comunità e da tempi lontani il sostegno musicale alla liturgia compito dell'organista più anziano. Il vecchio Maestro era il custode della Messa Tradizionale, vanto e patrimonio del paese, e suo compito il tramandarla ai colleghi ed allievi giovani. Molti gli oriundi che tornavano anche da lontano per sentirla e rinvigorire le radici mai dimenticate.

Il vecchio organista aveva quasi dimenticato da quanto tempo aveva preso quell'incarico che comprendeva anche l'insegnamento nelle scuole e la manutenzione del grande organo le cui canne della imponente facciata ora brillavano dalla alta cantoria al barbaglìo delle candele poste laggiù, nelle navate. Era un ragazzo quando accompagnava i suoi maestri nelle loro esibizioni e servizi, apprendendo con occhi ed orecchie i segreti di quell'arte che amava profondamente. Lontani i tempi dei concerti ma l'entusiasmo ardeva sempre nel suo cuore. Poco distante la sua abitazione, ma il Maestro percorreva sempre tutta d'un fiato la lunga scalinata che portava al sagrato e poi le scale interne verso la cantoria. Era come se temesse che le tastiere potessero fuggire o di perdere anche pochi minuti da dedicare alla Musica. Solo che adesso la velocità delle gambe diminuiva ed il fiatone, arrivato in cantoria, aumentava.

Nulla lo aveva mai fermato: con le bufere o la canicola l'organo aveva sempre accompagnato le preghiere dell'Assemblea. Per i suoi stessi allievi e colleghi era inconcepibile una funzione senza organo con brani sempre nuov1 ed appropriati: quindi necessità e diletto di insegnare e di studiare senza sosta.

Ma quella sera avvertiva uno strano sentore di stanchezza: la giornata, passata a studiare ed insegnare si era complicata in una serie di riparazioni faticose di cui necessitava il grande strumento anche se coadiuvato dai colleghi giovani. Eh sì! Anche lo storico organo era sensibile come i suoi acciacchi alle variazioni del tempo e delle temperature. Il timore di doversi poi fermare per l'età lo attanagliava... ma una scrollata di spalle aveva allontanato dubbi e paure: la funzione incombeva e i capelli bianchi potevano aspettare ancora un po'.

Come di abitudine, terminata la cena, aveva fatto andare in anticipo in chiesa i suoi famigliari così da raccogliere gli spartiti, e la necessaria concentrazione: la Messa Tradizionale era particolarmente complessa e lui desiderava sempre darne una interpretazione corretta e precisa cercando di coniugare tradizione e spunti innovativi per mantenere viva la preghiera della sua Comunità ma nel rispetto di chi l'aveva composta anni ed anni prima.

Così come faceva da anni prese uno spartito a caso dalla sua libreria per trarne ispirazione o riflettere meglio. Lesse il titolo e si sedette sulla poltrona preferita davanti al camino, scorse i tre pentagrammi e chiuse gli occhi per qualche istante per concentrarsi e mentalmente passò in rassegna qualche ricordo: i primi passi sulle tastiere, il primo incarico e l'orgoglio della nomina a primo organista. Il viso dei suoi maestri e l'entusiasmo nello spiegare la sua Arte.

Le ore passate a studiare e ad affacciarsi dalla cantoria per cercare in navata il sorriso e gli occhi di un amore.

Gli applausi e le critiche: ricordava bene i sorrisetti ironici e compassionevoli di chi lo riteneva un semplice "sonatore" indistinguibile da un praticone di dù botte da osteria, desideroso solo di mettersi in mostra, ignorando, forse malevolmente, quanto fossero duri la preparazione e lo studio di chiunque fa musica per professione.

Sorrisetti che poi si trasformavano in querule lacrime quando si trattava di ingaggiarlo per brani particolari in occasioni di esequie o cerimonie sentite.

Il mare... lo ricordava filtrato dalle ampie vetrate di una cantoria, con il rumoreggiare delle onde fuso al ritmico pulsare del "vento" nei somieri quando lasciava momentaneamente l'incarico per andare a perfezionarsi in una cittadina costiera da un suo carissimo amico e maestro. Ma anche lo sgocciolio della neve che si scioglieva in luminose giornate invernali in accompagnamento al carillon del Grande Organo. Le divertite gare tra colleghi a chi suonasse più forte per sovrastare, o forse domare, l'urlo della bufera che si abbatteva sull'abside.

Gloria al Creatore? Sfogo di una passione? Voglia di muovere gli animi? Forse tutte e tre insieme o l'unico modo che conosceva per pregare...

Si svegliò di soprassalto!

Per fortuna si era assopito per pochi minuti ma tirò un sospiro di sollievo nel pensare cosa aveva rischiato di combinare. Si calcò il cappello a tese larghe sulla testa, fece ruotare il tabarro e con la cartella sotto un'ascella si infilò nel buio della sera.

L'assemblea si voltò quasi all’unisono quando l'organo iniziò il præludium inondando di note le volte della chiesa e facendo tremare i muri: fu una funzione ancora più bella delle precedenti.

Ma terminata la messa e giunto il momento dello scambio di auguri il Maestro non scendeva dalla cantoria che, ora ci si accorgeva, appariva silenziosa e senza alcun riflesso di luce dalla consolle.

Chi salì per controllare trovò lo strumento perfettamente chiuso come se non avesse svolto la recente funzione. I tiramantici che salivano al locale tramite un'altra scala non avevano assolutamente visto il vecchio organista, ciononostante il campanello collegato alla cantoria da una catenella aveva regolarmente squillato per indicare i momenti in cui cominciare e terminare l'azionamento dei grandi mantici. A pensarci bene nessuno lo aveva visto o incontrato quella sera.

Molti si precipitarono a casa del Maestro e, sulla poltrona davanti al camino che emetteva le ultime fiammelle, lo trovarono con un sorriso sulle labbra e gli occhi, sul viso leggermente inclinato, a fissare altri spartiti ed altri orizzonti.

Tra le dita, poggiato in grembo, il brano preso a caso quella sera, regalo di un suo maestro che affermava di averne conosciuto il compositore: un certo Bach di una lontana città tedesca. "Vor deiner Thron tret ich hiermit" ("Davanti al Tuo Trono mi presento")...


Francesco Di Nardo

 

Liberamente ispirato a "La storia del vecchio organista" di Maria Cristina Rosa.

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