Antonio De Nino (1833-1907) ha goduto di ampia stima da parte dell'ambiente accademico a lui contemporaneo, una devozione che gli è persino sopravvissuta. È stato un attento antropologo, nonché uno dei primi folcloristi, un valido storico e un altrettanto valido archeologo in veste di ispettore ai Monumenti. È stato soprattutto un impagabile sponsor quando si è trattato di avviare imponenti campagne archeologiche nei suoi Abruzzi.
Nel 1904 Antonio De Nino era a Capracotta per compiere una delle sue ricognizioni archeologiche e, nelle campagne di Guastra, nei pressi della masseria di Gabriele Di Tella (oggi diroccata), gli fu mostrata una piccola necropoli di epoca sannitica costituita da quattro tombe e risalente forse al VII-VI sec. a.C. Nelle prime tre tombe vi erano suppellettili varie, ossia «una lancia [...] una cuspide di lancia in ferro [...] tre braccialetti di lastrina [...] due anellini [e] due grosse armille». La quarta sepoltura fu ritenuta dal De Nino «certamente di guerriero» e degna della massima nota, poiché conteneva «oggetti di maggiore importanza», tra cui spiccava un pugnale in ferro e «due dischi o scudini disegnati a traforo e a graffito» in bronzo: il maggiore del diametro di 22 cm., il minore di 13 cm.
Antonio De Nino comunicò presto alla Regia Accademia dei Lincei la scoperta di cui si era reso protagonista in un articolo intitolato "Capracotta: tombe sannitiche con suppellettile funebre" e, da allora, nessuno ha osato mettere in discussione la sua scoperta che - giova ricordarlo - era avvalorata da quattro fotografie pubblicate sugli atti dell'Accademia. A proposito dei «due dischi o scudini disegnati a traforo e a graffito», l'illustre archeologo tedesco Gerhard Tomedi, quasi un secolo dopo, decise di riunire in un «Gruppo Capracotta» tutti i dischi-corazza che fino ad allora facevano parte del cosiddetto «Gruppo Casacanditella»: la catalogazione dei dischi in questi gruppi è ovviamente basata sulla somiglianza tra i vari esemplari, non sempre geograficamente vicini, perché «sembra una specie di maledizione quella che continua a perseguitare questa classe di materiali che ce li rende noti in tutte le possibili forme di acquisizione tranne quella canonica della nostra disciplina e cioè lo scavo archeologico».
L'unico caso di scoperta archeologica dei dischi-corazza, dunque, è ancor oggi quello avvenuto a Guastra nel 1904 per mano di Antonio De Nino. L'interpretazione di tali reperti come dischi-corazza, dunque, si basava esclusivamente «sul corredo di guerriero di Capracotta», una interpretazione che fino a pochi anni fa condividevano anche Giovanni Colonna - uno dei massimi esperti di storia antica - e la prof.ssa Raffaella Papi.
Quel corredo è stato a lungo ritenuto disperso ma è sopravvissuto proprio grazie alle fotografie del De Nino, almeno finché la stessa Papi, nel 1990, lo ha ritrovato e pian piano ne ha dimostrato l'appartenenza al mundus muliebris. I dischi-corazza di Guastra, insomma, non riguardavano un guerriero ma una ricca donna sannita, che li portava attaccati ad una stola che, dal collo, scendeva al ventre. La Papi, battendo a tappeto molti musei italiani, aveva rinvenuto «la coppia di Capracotta, priva però del resto del corredo» nei magazzini del museo di Castel S. Angelo di Roma. A mio avviso, dunque, non andrebbero più chiamati dischi-corazza bensì dischi ornamentali.
Questa scoperta, che può sembrare ininfluente agli occhi dei non addetti ai lavori, è in verità molto importante, perché trasforma totalmente l'immaginario sannitico a cui eravamo abituati: da fiere tribù di pastori guerrieri a raffinati gruppi familiari, in cui le donne, le prime capracottesi della storia, facevano bella mostra di sé.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
R. Cannavacciuolo, La ricerca archeologica in territorio molisano: casi di studio, tesi di dottorato, Università degli Studi del Molise, 2018-2019;
V. Cianfarani, Antiche civiltà d'Abruzzo, De Luca, Roma 1969;
G. Colonna, Dischi-corazza e dischi di ornamento femminile: due distinte classi di bronzi centro-italici, in «Archeologia Classica», LVIII:8, Roma 2007;
G. Colonna, Migranti italici e ornato femminile (a proposito di Perugia e dei Sarsinati qui Perusiæ consederant), in «Ocnus», 15, Bologna 2007;
A. De Nino, Capracotta. Tombe sannitiche con suppellettile funebre, simile a quella della necropoli aufidenate scoperte nel territorio del Comune, in AA.VV., Atti della Reale Accademia dei Lincei, Tip. della R. Accademia dei Lincei, Roma 1904;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;
R. Papi, Dischi-corazza abruzzesi a decorazione geometrica nei musei italiani, Bretschneider, Roma 1990;
R. Papi, Guerreri di pietra e dischi di bronzo, in «Picus», XLI, Macerata 2021;
R. Papi, Vecchi e nuovi pregiudizi sull'Abruzzo e sul Fucino in particolare, in L. Saladino (a cura di), Il Fucino e le aree limitrofe nell'antichità, Atti del convegno, V° Convegno di Archeologia, Avezzano, 6-7 novembre 2021;
G. Tomedi, Italische Panzerplatten und Panzerscheiben, Steiner, Stuttgart 2000.