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Il Verrino e la metafora del Molise


Torrente Verrino
Le cascatelle del Verrino (foto: A. Mendozzi).

Il Molise terra vergine e incontaminata. L'Alto Molise patria di colline verdi, vedute spettacolari, vallate mozzafiato, montagne rocciose, cascate dalle acque freddissime. Queste sono solo due delle frasi che noi molisani usiamo quotidianamente per descrivere la nostra regione, un lembo di terra che potrebbe sparire dagli atlanti geografici senza che nessuno se ne accorgesse.

Ma possiamo biasimare gli altri se poi siamo noi stessi, i molisani, a non conoscere il territorio in cui viviamo?

Onestamente, credo di no, perciò mi sono ripromesso che non rimanderò più e che approfitterò, quando sia possibile, di ogni chance per conoscere quest'area. E, devo dire, che ho cominciato bene. Partendo dal fiume Verrino, un torrente che attraversa comuni come: Capracotta, Agnone, Poggio Sannita e così via… Un sabato pomeriggio, sono andato proprio a Capracotta e in compagnia di alcuni amici (tra cui due ragazzi che conoscono la zona) abbiamo parcheggiato la macchina a circa un chilometro dalla riva.

Abbiamo disceso una stradina piena di breccia e ciottoli, prima di addentrarci in un sentiero che ci ha portato a valle, sulla battigia del fiume. Giunti lì, abbiamo dimenticato la "stabilità" e l'abbiamo abbandonata in virtù di una serie di piccoli misurati passi su superfici meno agevoli come terra, fango e soprattutto ciottoli. Più volte, abbiamo dovuto saltare da una pietra all'altra, badando a non scivolare. Talvolta, abbiamo anche usato le mani, cercando degli appigli di fortuna come tronchi, edera o radici. Il rischio non era grande: un bagnetto nelle acque fredde, ma volevamo evitarcelo, così ci attaccavamo a tutto mentre, in silenzio (più o meno), ci godevamo i suoni dell'acqua che scrosciava.

Poi, la prima cascata. Improvvisamente, si sono materializzati cellulari e macchine fotografiche perché, ammettiamolo, c'era già materiale per una cartolina. La sosta qui è stata breve, infatti subito abbiamo proseguito alla volta della seconda cascata. A questo punto, il tragitto si faceva più rocambolesco; ad un certo punto si interrompeva e ci siamo visti costretti ad infilare il piede in una piccola fessura nella parete della montagna. Per la legge di Murphy, il terreno doveva cedere ed è capitato a me. Improvvisamente ho sentito la terra entrare nelle mie scarpe e mi sono sorpreso scivolare lungo un cunicolo che mi avrebbe guidato verso alcune rocce.

Lì, potevo farmi male. Veramente. Tuttavia, devo ammetterlo: non ho avuto tempo di vedere la vita che mi scorreva davanti o cose simili. Pensi solo: "mi farà male?". Comunque, non ho provato l'ebrezza dello schianto perché il ragazzo che ci guidava, aiutato da un altro della compagnia, mi ha ripreso per un braccio e mi ha fatto risalire. L'attimo dopo, ero sull'altro versante con le gambe tremanti, incredulo.

Non ci siamo fermati e siamo arrivati alla seconda cascata. Devo ammettere che questa non mi ha colpito molto. Almeno, non quanto la terza che sembrava presa da un set cinematografico o meglio da uno di quei documentari sugli orsi. Avete presente quelle scene dove vedete dei grandi Yoghi rinfrescarsi? A me, la terza cascata ricordava uno di quei documentari.

Anche qui, alla cascata di Yoghi, ci siamo fermati un po'. Altre foto sono state scattate e poi ci siamo riavviati. Stava per fare buio e dovevamo camminare a lungo, prima di tornare nel "mondo reale". E così ci siamo rimessi in marcia. Il ritorno, personalmente, l'ho affrontato bene, anche se in alcuni punti la situazione si è fatta critica. Pochi appigli, un tragitto incerto (nel quale la segnaletica viene mantenuta in vita dai volontari) e insicuro metterebbe a rischio la vita di chiunque si improvvisi.

Risaliti in collina, quando tutto era finito mi sono detto: certo, si tratta di una camminata che tutti dovremmo fare. Ognuno di noi dovrebbe conoscere ogni singolo versante di questo fiume ma affrontarlo così com'è ora è davvero rischioso. Insomma, il Molise è in quel parco fluviale: una ricchezza buttata; un tesoro creato con dei fondi a pioggia poi abbandonato alla mercè del tempo.


Giovanni Giaccio

 

Fonte: https://www.giogiaccio.com/, 26 agosto 2015.

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