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Per la viabilità il tempo sembra trascorso invano


Provincia di Isernia

Per le riprese filmate di quella sorta di documentario che abbiamo in animo di comporre, daremo alcuni colpi di obiettivo a largo campo su tutta la provincia, facendo un raffronto, fugace e sommario, tra la situazione del marzo 1970 e quella del marzo 1972. Riserveremo, invece, i primi piani ad Isernia, sia perché nel capoluogo è più facile raccogliere tutte le componenti dell'evoluzione della provincia, sia perché, sui suoi sedicimila abitanti, sarà piuttosto facile condurre una sorta di indagine campione.

Fatta eccezione per il cambio delle targhe, da CB in IS, nessun gande mutamento si può notare nei Comuni altomolisani in conseguenza dell'istituzione della provincia di Isernia. C'è stato, è vero, un timido affacciarsi di Capracotta alla ribalta della storia locale, ma è facile capire come esso sia dovuto più all'intraprendenza del dinamico sindaco di quel Comune che non ad un rinnovamento delle condizioni obiettive nelle quali si è costretti ad operare.

C'è stato, a Capracotta, un risveglio di attività turistiche e sportive, risveglio, però, che a solo merito di quel Comune va ascritto, visto che esso si è giovato di provvidenze e strutture che anche dalla vecchia provincia di Campobasso si sarebbero potute ottenere.

Su qualche strada, poi, è stato rifatto il manto di usura, qualche ponticello è stato aggiustato, ma tutto questo rientra nel novero delle cose che, con un po' di impegno in più, dalla vecchia provincia di Campobasso si sarebbero potute ottenere, essendo essa in dovere di concederle ed i rappresentanti altomolisani in dovere di pretenderle.

Si è registrato, quindi, il passaggo di alcune strade dalle competenze dell'Amministrzione provinciale a quelle dell'ANAS, ma anche questo si è ottenuto più con interventi a livello centrale che non per uno sforzo concreto dei nuovi organismi provinciali. Senza dire che tale mutamento di paternità per le strade in questione ha rappresetnato, almeno finora, un fatto negativo e non positivo, visto lo stato di penoso abbandono in cui versano le importantissime aarterie che collegano ad Isernia Frosolone, a Nord-Est, e Colli al Volturno, a Nord-Ovest, con buona pace dei valenti assessori provinciali che tali zone si ritrovano.

Per la viabilità, quindi, anno zero, anzi... anno due sotto zero, visto che sono trascorsi invano due anni.

Non parleremo, qui, dell'assistenza, per la quale ci si è limitati a fare la vecchia ed anacronistica politica del buono dell'ECA o della prefettura, che tanto di Feste Farina e Forca ancora conserva in questa misera parte della misera regione molisana. E nel problema assistenziale includiamo senz'altro quello relativo ai dementi ed ai cosiddetti orfanelli, per i quali forse un'indagine più approfondita potrebbe portare ad un'inchiesta ben diversa da quella che sulle colonne di un giornale si può condurre.

Né, ovviamente, parleremo della caccia e della pesca, sia perché chi scrive queste note prova una repulsione congenita per questi strani modi di concepire lo sport (sterminio di animali fatto per diletto!) sia, principalmente, perché queste due attività sono state date in gestione a feudatari locali che nessun mutamento di qualifica potevano avere da un semplice cambiamento di chi il beneficio ha loro concesso. E ci riferiamo a riserve e padronati vari, più d'una volta e da più d'una voce stigmatizzati, nelle stesse adunanze del Consiglio provinciale.

Il nostro sguardo va, quindi, alla scuola, ai trasporti ad essa connessi, a tutte quelle attività, insomma, mediante le quali si gestiscono i futuri destini dei pochi ed ahimé infelici giovani che ancora hanno la forza di restare attaccati alla loro terra altomolisana.

C'è stato, nei primi mesi di vita della nuova provincia, un vero e proprio fuoco pirotecnico di richieste di istituzione di nuovi istituti tecnici nell'Alto Molise: scuole dalle quali dovevano uscire periti dalle più varie specializzazioni, tutti col fagotto bell'e pronto per altri lidi, dove chimici ed elettrotecnici, radiotecnici e periti vari trovano effettivamente lavoro, al di là del fatiscente e mortificante miraggio di un’occupazione... di fortuna.

È stato evidente lo spirito demagogico di tali richieste, destinate spesso a fare da alibi per l'inazione politica ed altrettanto spesso intrinsecamente finalizzate, come dicevamo, ad un'emigrazione dei diplomati o ad una loro dequalificante sottoccupazione.

Per i trasporti il discorso si fa forse ancora più serio, quando si vede, non importa come, che gli studenti pendolari più fortunati perdono almeno due ore al giorno per raggiungere la sede della loro scuola. E non a caso a Macchia d'Isernia per poco non si è ricorsi alla violenza, quando gli studenti erano costretti a raggiungere la scuola come i capelloni raggiungono la meta delle loro vacanze.


Pasquale Passarelli

 

Fonte: P. Passarelli, Isernia: una provincia per morire, Libreria Scientifica, Napoli 1974.

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