I caratteri tipici dell'insediamento nel Sannio propriamente detto, oltre ai centri fulcro del sistema "paganico-vicano" presenti nelle fonti classiche, mostrano una moltitudine di realtà minori, note sia da scavi approfonditi che da campagne di ricognizione eseguite su gran parte del territorio regionale, che costituiscono il vero tessuto connettivo del popolamento delle genti sannitiche. Ci si riferisce alle modeste fattorie isolate, ai complessi edilizi assimilabili alle più architettonicamente evolute villæ rusticæ, ma anche a quegli abitati di dimensioni rilevanti, che sono interpretabili come vici di una certa importanza, nell'ambito dell'organizzazione politica e territoriale dello stato sannita. Si darà di seguito una breve rassegna di tali realtà archeologiche, talvolta misconosciute anche agli addetti ai lavori.
Il caso di Capracotta-Fonte del Romito è tra i meglio studiati e tra i più esemplificativi della regione. Si tratta di un vicus non fortificato, individuato a seguito dell'apertura di scavi sistematici eseguiti nel supposto luogo del rinvenimento della celebre tabula di Agnone. Le ricerche, in realtà destinate alla individuazione del santuario di provenienza del testo sacro, hanno rivelato un insediamento indigeno frequentato a partire dalla prima età del Ferro (fondi di capanna), sviluppatosi nel corso dell'arcaismo (con un vacuum durante il V secolo a.C.), e abitato ancora nel I secolo d.C. Posto in relazione con l'oppidum fortificato del Monte San Nicola, l'abitato mostra le prime strutture murarie di VI secolo a.C., ma è tra il IV-III secolo a.C. e il tardo ellenismo che si assiste a un'estesa fase di rinnovamento edilizio. Articolato in nuclei diversi, l'agglomerato mostra la zona residenziale e di servizio ben distinte, con un fabbricato bipartito a uso domestico, a due livelli, e un complesso con più ambienti destinato alla stabulazione. Nel II secolo a.C. una nuova fase costruttiva dispone l'insediamento intorno a un grande complesso pluricellulare. Si tratta di un fabbricato a pianta centrale di 16 x 10,5 metri, con preponderante funzione residenziale (4 vani), ma dotato anche di ambienti di servizio (2 vani) e spazi all'aperto dedicati alle attività produttive, tra le quali si segnala la presenza di una piccola fornace per la produzione di vasellame di uso domestico (impasto e forse vernice nera).
La tipologia architettonico-planimetrica è quella tipica dell'area indigena centromeridionale, con fondazioni dall'andamento irregolare, realizzate in scheggioni di calcare locale, elevati in graticcio ligneo, coperture fittili e pochissime concessioni al decoro e agli influssi ellenistici. Si tratta insomma dell'archetipo dell'insediamento aperto preurbano, sorto con prevalente funzione di sfruttamento delle risorse dell'agricoltura e della pastorizia transumante, e dominato dall'arx riferimento. Un possibile confronto del complesso degli edifici rinvenuti è stato stabilito con l'acropoli del Curino ad Alfedena.
Andrea Ceccarelli
Fonte: A. Ceccarelli, I Sanniti: Pentri e Frentani, in A. Ceccarelli e G. Fratianni (a cura di), Archeologia delle Regioni d'Italia, BraDypUS, Roma 2017.