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La Visitazione di Giacomo Colombo nella Chiesa Madre di Capracotta


Visitazione Capracotta Colombo
Il gruppo ligneo della Visitazione di Giacomo Colombo (foto: A. Mendozzi).

Tra la fine del XVI e i primi anni del XVII sec. si impose in Italia lo stile barocco, seguito nel secolo successivo dal rococò. Il barocco non fece che arricchire di motivi scenografici l'arte del tempo, proponendo una ostentata ricchezza di motivi ornamentali nel tentativo di stupire lo spettatore. Ma, mentre il barocco mostrava «un'arte robusta, cioè fatta di grandi masse in movimento con audaci soluzioni per la ricerca di effetti prospettici», lo stile rococò si concentrava sugli effetti minuti, sui dettagli, offrendo una delicatezza addirittura sdolcinata.

Nell'arte sacra il Seicento è il secolo nel quale riprese con gran fervore la realizzazione di immagini sacre e sculture lignee e, per quanto riguarda specificatamente il Molise, la produzione scultorea venne spesso demandata ad autori di primo piano provenienti da altre regioni, come Giacomo Colombo (1663-1730) e Domenico Antonio Vaccaro (1678-1745), due artisti che operarono a cavallo tra la meraviglia del barocco e la ricercatezza del rococò. Il primo lasciò in Molise parecchie tracce della sua eccezionale maestria, tra cui un san Nicola a S. Giuliano del Sannio, ben dodici santi a Macchia Valfortore, un'Immacolata a Larino, un altro san Nicola a S. Giovanni in Galdo, una seconda Immacolata ad Agnone e il bellissimo gruppo della Visitazione (assieme all'altare dell'Immacolata) a Capracotta.

Giacomo Colombo, nato ad Este (PD) ma trapiantato quindicenne a Napoli, fu infatti un artista moderno, un uomo che incarnò perfettamente lo spirito dei tempi. A dispetto dei colleghi più anziani, egli fu il primo artista-imprenditore, «sorretto da una organizzatissima bottega capace di soddisfare, senza mai scendere al livello della pura serialità artigianale, di mera routine devozionale, una richiesta sostenutissima di sculture lignee, che la bottega inviava in tutte le regioni del Mezzogiorno continentale». Colombo era infatti il titolare della sua bottega e, in quanto tale, riceveva personalmente le committenze sulle quali lavorava assieme a una nutrita e preparata équipe di collaboratori, cercando di mantenere alti standard qualitativi, sia dal punto di vista tecnico che estetico. L'imperativo di Giacomo Colombo era sostanzialmente uno: organizzazione. E la Visitazione capracottese non fa eccezione.

Difatti il gruppo ligneo conservato nella ex Congrega di Capracotta presenta tutti i modelli stilistici della bottega del Colombo. I ricchi pannamenti e le pose plastiche della Vergine Maria e di santa Elisabetta non si discostano dalla tradizione religiosa ma, semmai, presentano una straordinaria simmetria, che accarezza gli occhi di chi guarda. I colori scelti dal Colombo rendono i personaggi tutt'altro che austeri e, dai capi al basamento, le protagoniste della Visitazione sono perfettamente complementari. Una incoronata (la Madonna), l'altra aureolata (Elisabetta), presentano simmetria di forme nelle mani che si toccano (la destra di Maria con la sinistra di Elisabetta) e nei piedi piegati nell'arresto (il destro di Maria e il sinistro di Elisabetta). Risultano corrispondenti persino gli spazi vuoti tra le due figure e al di fuori di esse. L'unica differenza che pare studiata per colpire lo spettatore sta negli sguardi delle donne. Elisabetta fissa Maria nel salutarLa, mentre la Vergine, pur accennando un labiale, è assorta in qualcosa di lontano, d'indefinibile e misterioso. Il Vangelo secondo Luca vuole infatti che, nel guardarsi l'un l'altra, Elisabetta abbia subito riconosciuto in Maria la madre del Salvatore dicendoLe: «Benedetta tu fra le donne», al che Maria abbia risposto con l'intonazione del Magnificat. Ecco perché Elisabetta si rivolge a Maria mentre Questa loda il Signore Iddio.

Un ultimo dettaglio non privo di significato per noi capracottesi è quello svelato da Bernardo De Dominici, secondo cui il pittore Francesco Solimena (1657-1747) «fece da padrino al Colombo e che non solo l'indirizzò all'arte, ma gli fu prodigo di consigli, disegni e bozzetti». Al Solimena viene infatti attribuito un esteso dipinto dell'Ultima Cena, posto al di sopra del coro della Chiesa Madre, che sarà oggetto di una mia successiva indagine, basata proprio sull'acclarato rapporto affettivo esistente tra Giacomo Colombo e Francesco Solimena.


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:

  • F. Abbate, Storia dell'arte nell'Italia Meridionale. Il secolo d'oro, Donzelli, Roma 2002;

  • G. Borrelli, Giacomo Colombo, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. XXVII, Ist. dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1982;

  • L. Campanelli, La chiesa collegiata di Capracotta. Noterelle di vecchia cronaca paesana, Soc. Tip. Molisana, Campobasso 1926;

  • G. Carugno, La Chiesa Madre di Capracotta, S. Giorgio, Agnone 1986;

  • D. Catalano, Scultura lignea in Molise tra Sei e Settecento: indagini sulle presenza napoletane (Colombo, Di Nardo, De Mari, D'Amore), in L. Gaeta, La scultura meridionale in età moderna nei suoi rapporti con la circolazione mediterranea, Congedo, Galatina 2007;

  • B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori, ed architetti napoletani non mai date alla luce da autore alcuno, vol. II, Ricciardi, Napoli 1742;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, voll. I e II, Youcanprint, Tricase 2016-2017.

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