Pescara.
«Quando andiamo per i paesi a suonare o ci avviciniamo alle case con la zampogna e la ciaramella, molti si girano dall'altro lato perché pensano che lo facciamo per soldi. Invece non chiediamo mai denaro, ma diffondiamo la nostra musica gratuitamente per il piacere di far ascoltare alle famiglie questi suoni arcaici: ci avviciniamo al portone e facciamo una piccola suonata, poi se aprono continuiamo e se non aprono ce ne andiamo».
Claudio Di Lullo, 60 anni, amministratore d'azienda e presidente dell'Accademia dei Transumanti d'Abruzzo (Acta), associazione che su Pescara raccoglie 8 iscritti, è uno dei pochissimi zampognari rimasti in Italia. La sua musica dolce e malinconica, dall'alto potere evocativo, è il simbolo sonoro del Natale. Lui, originario di Capracotta e residente a Ortona, è custode di una tradizione legata alle usanze e alle tradizioni popolari della cultura pastorale, depositario di tecniche e segreti antichi che affondano le radici in un passato contadino che oggi si cerca di far conoscere e valorizzare.
Domada: – Da che cosa nasce la sua passione per la zampogna?
Risposta: – L'amore per le tradizioni antiche e la volontà di trasmettere alle nuove generazioni l'eredità del passato mi ha spinto, una decina d'anni fa, ad avvicinarmi all'Accademia dei Transumanti. Sono originario di Capracotta, mio nonno faceva il boscaiolo e aveva un piccolo gregge. Ogni volta che suono la zampogna mi tornano alla mente i suoni di quando ero bambino. A mano a mano che rivivo quei momenti è come se si alimentasse la mia forza giovanile.
D: – C'è un episodio in particolare che l'ha spinta a riscoprire questa tradizione?
R: – Conservo una foto da bambino, nella mia casa, con due zampognari davanti al presepe. L'episodio dell'arrivo degli zampognari nella mia infanzia ha scalfito il mio animo. Ho due figli e tento di trasmettere loro quello stesso amore, anche se non è facile perché apprendono tutto di rimbalzo senza essere coinvolti direttamente. Ma sono sicuro di lasciare un segno: quando non ci sarò più, lo andranno a ricercare.
D: – Vi definite transumanti, come mai?
R: – Gli zampognari originariamente erano i pastori che facevano la transumanza con le pecore. Nei periodi morti, quando il gregge era fermo, si dilettavano a suonare la zampogna che è uno strumento aerofono, in cui la sacca funge da serbatoio d'aria, ricavato dalla pelle della pecora oppure da quella della capra. I transumanti ammazzavano una pecora del gregge e la trasformavano in zampogna. Certe volte si tende a sminuire la figura dello zampognaro, identificandola con una persona poco colta che può soltanto andare a pascolare le pecore. Invece è un artista che studia le tradizioni antiche e suona uno strumento non facilissimo in legno di ulivo e ciliegio.
D: – Qual è l'atteggiamento dei giovani: sono più curiosi o indifferenti?
R: – Ho partecipato a diversi incontri nelle scuole e devo dire che i ragazzi sono sempre curiosi, almeno inizialmente. C'è sempre chi dice di voler imparare a suonare, ma la zampogna è uno strumento che richiede molta pratica e pazienza, due doti che i giovani oggi hanno poco e che i pastori un tempo avevano perché quando erano fermi durante la transumanza non avevano altro da fare se non far passare il tempo. E per questo suonavano e ci hanno lasciato questa bella eredità.
D: – Qual è la domanda ricorrente degli studenti?
R: – Mi chiedono se davvero l'otre che gonfiamo appartiene a un animale vero, perché per loro è inconcepibile visto che nel mondo attuale la plastica la fa da padrona. Poi tutti vogliono toccare lo strumento perché sono attratti dal suo suono particolarissimo, come un organo ambulante che unisce 3-4 strumenti insieme.
D: – Suonate soltanto nel periodo di Natale?
R: – Assolutamente no. Durante il Natale suoniamo la novena delle feste, qualche giorno fa siamo stati alla casa albergo dell'Inpdap con gli anziani di Pescara e poi abbiamo partecipato a una manifestazione di due ore in piazza Salotto a inizio dicembre, per salutare l'inizio del Natale. Negli altri periodi dell'anno partecipiamo ai raduni in Abruzzo, nel Lazio, nel Molise e in altre regioni. Vogliamo far sentire alle persone una musica poco usuale, che non è quella del piano o della chitarra.
D: – Lei è un amministratore d'azienda, altri zampognari svolgono altri lavori: all'interno dell'associazione ci sono anche etnografi o antropologi?
R: – Nel Pescarese c'è il professore Francesco Stoppa che è un antropologo molto vicino alla nostra associazione e alle nostre tradizioni, ma ha scelto il ballo e i costumi, mentre noi abbiamo scelto di curare e diffondere la parte musicale. L'obiettivo comune è riuscire a suonare la zampogna durante feste di paese, matrimoni e processioni perché è uno strumento di buon augurio. Nel presepe di san Francesco lo zampognaro, figura umile e semplice, annunciava la nascita di Gesù al mondo terreno come l'arcangelo Gabriele al mondo divino.
Ylenia Gifuni
Fonte: Y. Gifuni, Zampognari per passione ma non voltateci le spalle, in «Il Centro», Pescara, 20 dicembre 2015.