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SULL'OCEANO

di Edmondo De Amicis (1846-1908)

Ma l'oceano essendo tranquillo, e l'aria limpida e fresca, molti erano allegri. E si poteva notare che, quetata l'agitazione della partenza, nella quale erano stati assorti tutti i pensieri, l'eterno femminino aveva già ripreso il suo eterno impero anche lì; non solo, ma che per effetto della scarsità ne era già cresciuto il valore, come in America. Pochi uomini stavan rivolti verso il mare; i più passavan a rassegna le passeggiere. I giovani, seduti sopra i parapetti, con una gamba spenzoloni di fuori e i cappelli arrovesciati sulla nuca, pigliavan degli atteggiamenti di baldanza marinaresca, parlando forte e modulando il riso in maniera da attirar l'attenzione, e quasi tutti guardavano verso la boccaporta del dormitorio femminile, dove s'erano raccolte, come sopra un palco molte giovani ben pettinate, con nastrini nei capelli, con vestiti chiari, con fazzoletti vistosi, annodati con garbo: la parte intraprendente, pareva, del bel sesso di terza. Fra queste spiccava una bella donnetta, - una contadina di Capracotta, - con un visetto regolare e dolce di madonna (lavata male), a cui diceva mirabilmente un fazzoletto da collo, che portava incrociato sul petto, tutto purpureo di rose e di garofani, che parean veri e fiammeggiavano agli occhi. E notai due ragazze, l'una bruna e l'altra rossa, due graziose facce sfrontate, messe con una certa civetteria cittadinesca, che discorrevano con grande animazione, dando di tratto in tratto in risate squillanti, dopo aver fissato ora un passeggiere, ora un altro, come se facessero la rivista dei tipi ridicoli dell'emigrazione. Il Commissario, capitato là mentre le osservavo, mi disse che eran lombarde, sole, sedicenti coriste, due diavolesse che promettevano di dargli molte noie durante il viaggio. E come io non capivo a che genere di noie volesse accennare, egli mi rivelò una delle maggiori piaghe della vita di bordo, in quelle piene d'emigranti: la gelosia delle donne maritate. Una tremenda cosa! Le oneste mogli coi bimbi in collo l'avevano a morte con quelle avventuriere impudenti che tiravano a stregare i loro mariti disoccupati, approfittando di quella confusione di gente; e ne nascevan liti rabbiose, in cui toccava a lui di fare da conciliatore.

  • E. De Amicis, Sull'oceano, Treves, Milano 1889, pp. 36-37.

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